Il monologo anti-Apple, quasi tutto falso

Il monologo anti-Apple, quasi tutto falso

Raccontava nei suoi spettacoli di aver conosciuto le dure condizioni di lavoro degli operai cinesi Foxconn. Un giornalista verifica la sua storia, e lo smentisce
Raccontava nei suoi spettacoli di aver conosciuto le dure condizioni di lavoro degli operai cinesi Foxconn. Un giornalista verifica la sua storia, e lo smentisce

L’episodio di This American Life che denunciava le condizioni lavorative degli operai della Foxconn è una bufala. A riferirlo è stato lo stesso Ira Glass, conduttore del programma. In quella puntata, andata in onda il 6 gennaio, è stata trasmessa una versione riadattata di 39 minuti di The Agony and the Ecstasy of Steve Jobs , uno spettacolo teatrale scritto e interpretato da Mike Daisey (un attore da tempo noto per i suoi monologhi di denuncia sulla Foxconn) in cui vengono descritte le pessime condizioni in cui versano i lavoratori dell’azienda fornitrice di Apple. Ebbene Daisey, che racconta di aver visitato direttamente una fabbrica a Shenzhen che produce iPad e iPhone, si sarebbe inventato (quasi) tutto .

La puntata, diventata la più popolare nella storia del programma grazie a quasi un milione di contatti, è stata ritirata perché non è possibile verificarne la veridicità. Ira Grass si è preso le proprie responsabilità e si è detto “inorridito per aver permesso una cosa simile su una radio pubblica”. Il conduttore, “profondamente rammaricato”, ha inoltre sottolineato che non aveva alcun motivo per dubitare di Daisey: “Non pensavamo che stesse mentendo a noi e al pubblico sui dettagli della sua storia. È stato un errore”.

Mike Daisey è diventato una “celebrità” grazie ai duri attacchi ad Apple. I suoi monologhi, messi in scena in diversi teatri statunitensi, sono tutti incentrati sulle dure condizioni di lavoro degli operai della Foxconn, fattore che avrebbe verificato con i suoi stessi occhi. Ma le bugie hanno le gambe corte e le versioni di Daisey trasmesse da This American Life sono state notate da Rob Schmitz, un giornalista del programma radiofonico “Marketplace”, che vive a Shanghai e che conosce (veramente) la questione Foxconn. Schmitz ha notato che alcuni racconti non potevano essere veri .

In primo luogo, Daisey afferma nel suo monologo che le guardie di sicurezza dell’impianto sarebbero armate, ma in Cina solo la polizia e l’esercito sono autorizzati a possedere armi. In secondo luogo l’attore dichiara di aver incontrato un gruppo di operai che, in seguito a un incidente, erano rimasti avvelenati da una particolare sostanza chimica, ma l’episodio in questione sarebbe avvenuto in un’altra fabbrica (distante, tra l’altro, migliaia di chilometri), non a Shenzhen. Non solo. Daisey racconta di aver incontrato lavoratori minorenni e di aver mostrato per la prima volta un iPad a un operaio che era rimasto gravemente ferito a una mano mentre li lucidava.

Schmitz è riuscito a rintracciare l’interprete che avrebbe accompagnato Daisey a Shenzhen . La donna ha confermato che l’attore si è recato alla fabbrica di Foxconn, ma avrebbe visitato appena tre stabilimenti e non una dozzina, come racconta nel monologo. Le guardie non hanno armi, non c’è stato nessun incontro con operai intossicati, né con lavoratori che hanno perso gli arti, né tantomeno con minorenni. L’interprete difatti ha sottolineato che molte operaie potevano essere scambiate per adolescenti, ma è dovuto alle caratteristiche somatiche dei cinesi. Insomma, nella migliore delle ipotesi si tratterebbe di realtà romanzata: nella peggiore, di malafede.

Il diretto interessato, Mike Daisey, non sembra affatto pentito e nel suo blog dichiara che il suo mestiere non consiste nel fare “giornalismo”, ma “teatro”, e pertanto un attore utilizza strumenti diversi da quelli di This American Life .

Gabriella Tesoro

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Pubblicato il
20 mar 2012
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