Il Myanmar non è certo annoverato tra i paesi dai modi gentili nei confronti della Rete. E l’ultimo episodio conferma tale tendenza: secondo il Global Post , il paese asiatico avrebbe ora bloccato Skype e altri servizi di chiamate vocali online.
La notizia produce implicazioni molto più preoccupanti di quanto si possa immaginare dal momento che le chiamate vocali dagli internet café sono una delle poche fonti di contatto con il resto del mondo per gli abitanti del paese. Se, infatti, i telefoni e le tecnologie mobile hanno visto una straordinaria diffusione, in Myanmar munirsi di un numero di telefono cellulare costa una cifra che supera il reddito pro capite medio.
Il motivo dell’inasprimento della morsa censoria dipende dal sospetto delle autorità circa l’arrivo di una nuova ondata di proteste nel paese. Il blocco nei confronti di Skype e di altri servizi VoIP come Gtalk, Pfingo e VZO aumenterà i profitti della compagnia telefonica di stato ma, sostengono gli osservatori, le autorità avrebbero ordinato il blocco delle comunicazioni mediate dalla Rete per arginare il flusso di informazioni riguardanti gli scontri in Medioriente.
Non è ancora chiaro se i collegamenti VoIP siano stati effettivamente tagliati. Dopo l’ordine imposto dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (MPT), la società che si occupa di fornire le licenze agli Internet café (Myanmar Info-Tech Co. Ltd.) avrebbe inviato un avviso a tutti i proprietari chiedendo di interrompere il servizio VoIP al pubblico. Tuttavia, The Irrawaddy ha condotto un sondaggio telefonico presso tutti gli Internet café della regione di Rangoon (il maggiore hub commerciale del paese) dal quale risulta che nessun responsabile abbia ricevuto alcun tipo di comunicazione “dall’alto”.
Cristina Sciannamblo