Al termine di dodici mesi di fuoco in cui le major le hanno provate tutte per “far fuori” i sistemi peer-to-peer, incassando peraltro una decisiva sentenza della Corte Suprema, le piattaforme di scambio continuano a crescere , aumentano la propria popolarità e gli utenti continuano a farvi ricorso in numero e con intensità sempre maggiori.
Nel corso di questi mesi le major musicali della RIAA e gli studios cinematografici della MPAA hanno ingaggiato una guerra senza quartiere a tutto ciò che è distribuzione illegale in Internet. Con annunci ad effetto e clamorosi dietrofront dei propri stessi rappresentanti, le major hanno cercato di far passare il concetto che la guerra contro il P2P fosse stata vinta.
Eppure, persino sul suolo americano, dove più cruenta è stata la battaglia, dove migliaia di persone sono state denunciate dai colossi dell’intrattenimento , il peer-to-peer è sempre più punto di riferimento per l’utenza internet.
BigChampagne , tra i più autorevoli osservatori sui numeri del fenomeno P2P, ha spiegato che a maggio gli utenti globali su piattaforme P2P hanno raggiunto quota 9,7 milioni di collegati simultaneamente . 6,7 milioni di questi sono americani. Rispetto ad un anno fa la crescita è impressionante: a giugno 2005 gli utenti globali connessi contemporaneamente ai sistemi di sharing toccavano quota 8,6 milioni, e 6,2 milioni erano quelli statunitensi.
Non è quindi bastata la suddetta sentenza, quella che ha provocato la fine di celebri sistemi di sharing e l’ autosospensione di altri, non sono bastate le ripetute clamorose denunce delle major e l’offensiva a tutto campo contro eMule e BitTorrent : che lo si voglia o meno, al di là di qualsiasi altra considerazione, condividere file nella grande rete di computer è un’attività che piace e che viene perseguita da moltissimi .
Per i colossi dell’intrattenimento questo rappresenta una verità bruciante . Solo un anno fa, dopo quella sentenza, come ricorda in queste ore anche MSNBC , il CEO di Sony BMG Music Entertainment, azienda coinvolta nello scandalo del rootkit malevolo , Andrea Lack, aveva affermato che “non dovremo più competere con i ladri nel buio i cui business sono basati sulla sottrazione”.
Eppure, sottolineano gli esperti di BigChampagne, sebbene le major sembrino non riuscire ad intaccare la popolarità del peer-to-peer, in quest’ultimo anno il business soprattutto musicale in rete ha conosciuto una crescita notevolissima . Grazie a servizi come iTunes Music Store , Napster e gli infiniti jukebox, cloni e varianti che sono sbarcati in rete, grazie a nuovi modelli di licenza e a servizi di distribuzione efficienti gli utenti, spesso gli stessi che utilizzano anche il peer-to-peer, hanno iniziato a comprare musica online in quantità sempre maggiore.
A spiegarlo sono gli stessi uomini della RIAA, come il suo chairman Mitch Baiwnol che, anziché dichiarare la “vittoria sul P2P”, è tornato su un vecchio refrain , quello secondo cui le denunce a raffica servono a “contenere” il peer-to-peer. “Non vogliamo dire che il file sharing illegale sia stato vinto, anzi, ma possiamo dire che fondamentalmente non impedisce al mercato legale di crescere in modo solido”. Una tesi controversa, dunque, che sembra fare a pugni con quanto già dichiarato dalle major in diverse occasioni, e cioè che la crescita del P2P metterebbe a rischio il business legale.
Nonostante i dati e la crescente diffusione del P2P, comunque, è lecito attendersi che le major continuino senza posa nella propria crociata legale contro i servizi che agevolano quanto di più ovvio ci sia in una rete di computer: computer che si scambiano file.