Roma – Il numero di coloro che utilizza i sistemi peer-to-peer per scambiare file di ogni genere è tornato ad aumentare dopo sei mesi di progressivo calo. Per la prima volta da quando le major americane della RIAA hanno iniziato a denunciare gli utenti del P2P, dunque, si assiste ad una inversione di tendenza .
Gli esperti di NDP Group , che hanno studiato il fenomeno, avvertono che la nuova crescita del P2P potrebbe essere solo un fuoco di paglia stagionale , che potrebbe essere smentito dai dati dei mesi prossimi. Ma certo suscita sensazione l’idea che, dopo una lunga e feroce campagna legale e informativa , il numero di persone che condividono non solo sia sempre rimasto elevatissimo ma ora accenni persino a crescere nuovamente. La sensazione è tanto maggiore in quanto i risultati di NDP Group arrivano pochi giorni dopo l’annuncio trionfale con cui la RIAA dichiarava che i numeri del P2P vanno riducendosi grazie alla propria crociata antipirati.
In particolare, secondo NDP, tra settembre e novembre 2003, nel pieno delle attività RIAA, il numero di utenti americani del P2P è salito del 14 per cento . Un dato che non basta a riportare la quantità di downloader americani ai livelli di aprile 2003, quando la RIAA iniziò l’attacco agli utenti, ma non sono percentuali trascurabili.
C’è anche da dire che secondo i dati di NDP, raccolti tramite metodi diversi su due campioni di utenza da 40mila e 5mila persone, le cifre di novembre non sono una sorpresa. Se è vero che a maggio il numero degli utenti segnò addirittura un -20 per cento, infatti, quella percentuale si è poi progressivamente ridotta: a luglio era -18 per cento e a settembre -11 per cento. Una tendenza, dunque, che sembra confermare e giustificare le novità di novembre. Quelli di NDP sottolineano, comunque, che negli ultimi mesi dell’anno, con l’avvicinarsi del Natale, potrebbe essere considerato normale un aumento degli utenti nel P2P, magari anche di coloro che hanno voluto paragonare i nuovi jukebox a pagamento con gli ambienti liberi di scambio-file.
Se i numeri NDP verranno confermati anche per il trimestre dicembre-febbraio, le major dovranno fare i conti con una amara realtà, quella che pensavano di essersi lasciata alle spalle. Le strategie RIAA, infatti, mirano esplicitamente a diffondere la cultura del diritto d’autore colpendo gli utenti P2P più attivi in modo che fungano da “esempio” per tutti gli altri. Se all’aumento della consapevolezza delle normative, però, corrisponde anche un aumento della condivisione, molte analisi RIAA in materia rischiano di frantumarsi.
Rispetto ai nuovi numeri NDP, RIAA ha per ora fatto buon viso a cattivo gioco, sostenendo che le sue attività sono, al momento, un pieno successo , perché mirano a creare un ambiente dove “i servizi online legali possano fiorire”, e “tutti i numeri puntano nella giusta direzione, aumenta tutto, dalle vendite di CD ai download legali, alla consapevolezza che lo scambio di musica protetta è illegale”.
Tutto è reso poi più complicato da quello che sta succedendo in reazione alle iniziative legali delle major. Per esempio in un paese dove ci si appresta a prendere di mira gli utenti del P2P , il Regno Unito. Di seguito i dettagli.
Il primo a reagire alle posizioni espresse dalla British Phonographic Industry è stato Wayne Rosso, il dinamico CEO della Optisoft, azienda nota non solo perché produce un celebre software di sharing, Blubster , ma anche perché è la capofila di quel gruppo di società del peer-to-peer che si è coalizzato nell’organizzazione lobbystica P2P United .
Rosso, ascoltato nei giorni scorsi da una commissione parlamentare britannica, ha spiegato che i propri sviluppatori sono al lavoro per dare a Blubster una serie di nuove funzionalità in risposta agli attacchi legali delle major.
In particolare Rosso, a suo tempo mastermind del celebre Grokster , pensa a sistemi di anonimizzazione da ottenere attraverso lo scrambling e la cifratura dei dati, operazioni che saranno parzialmente basate su Freenet e che dovrebbero consentire agli utenti del sistemone di condivisione di essere pressoché irrintracciabili. In più ci saranno nuovi strumenti a disposizione degli utenti, similmente a quanto accade con altre piattaforme di sharing, per individuare e scartare rapidamente nel network i file fasulli eventualmente immessi nei sistemi di sharing per creare disturbo .
Non è certo la prima volta che si perseguono strade del genere nel mondo del peer-to-peer ma questa volta Rosso ha pronta una serie di giustificazioni politiche. L’uomo d’affari ha infatti spiegato che all’emergere delle tecnologie di file-sharing le major hanno saputo reagire soltanto con una mano pesante a suo dire ingiustificabile, azioni legali che hanno messo in ginocchio i pionieri di questa tecnologia. E questo perché hanno rifiutato di venire a patti con funzionalità base di una rete di computer (la condivisione dei file) adattando alle nuove opportunità il proprio modello di business. La tesi, portata avanti in passato senza molto successo anche dai colleghi di Rosso, è insomma che le major abbiano inteso spazzare via i rivali prendendosi il tempo necessario al lancio di servizi alternativi, come i jukebox di distribuzione musicale a pagamento via internet.
Rosso ne ha approfittato anche per scagliarsi contro le proposte delle major di rendere più semplice per i detentori di diritto d’autore nel Regno Unito ottenere i nomi degli utenti del peer-to-peer, per poterli denunciare o anche solo per inviare loro lettere di diffida.
Coadiuvato dal vicepresidente esecutivo di Sharman Networks, cioè la mamma del celeberrimo software P2P Kazaa , Rosso ha poi attaccato spiegando che le reti P2P avrebbero tutto da guadagnare se le major vi facessero circolare brani in alta qualità incapsulati in tecnologie DRM, cioè di gestione digitale dei diritti, tanto come forma di promozione delle novità sul mercato quanto come metodo di vendita. L’accusa alle major è che, fin dai tempi della radio passando per le musicassette arrivando ai videoregistratori, la tecnologia è sempre stata vissuta come un nemico da abbattere prima di imparare ad utilizzarla per moltiplicare il proprio business.
Mentre si parla di tutto questo, però, il mondo del P2P torna a farsi concorrenza su una direttrice che potrebbe dare nuovi pensieri alle major: l’interoperabilità dei sistemi di sharing. Ecco cosa sta succedendo.
Ben lungi dal rassegnarsi ad un calo di utenti che sembra, peraltro, ormai fermato, i produttori di tecnologie di sharing stanno nuovamente premendo sull’acceleratore per competere l’uno con l’altro in modo nuovo, pensando a nuovi servizi per le vagonate di utenti che li utilizzano e lavorando su un fronte tanto complesso quanto per loro interessante: la capacità delle diverse piattaforme P2P di parlarsi .
Sebbene non sia certo l’unico strumento del genere ad offrire queste capacità, in queste ore sta sollevando enorme attenzione quello che qualcuno ha già definito il ritorno di Morpheus . Come molti sanno, Morpheus fu uno dei nomi che si imposero all’attenzione degli utenti di tutto il mondo in epoca post-napster, riuscendo ad inserirsi nei network di FastTrack, gli stessi di Kazaa , prima di doverne uscire sbattendo la porta per problemi di licenze, lasciando in una sola notte tutti i propri utenti in balìa di un non collaudato sistema open source tutt’altro che efficiente.
Ora StreamCast Networks, la società che produce Morpheus, ha sviluppato una funzionalità che sta inserendo nel proprio software e che di fatto consentirà ai suoi utenti di interagire con quelli delle reti FastTrack , ampliando quindi notevolmente il raggio di azione delle ricerche su peer-to-peer. In questo modo Morpheus si rivelerà, così almeno spera StreamCast, una porta di accesso preferenziale ai più frequentati sistemi di sharing, un elemento che nelle proprie strategie dovrebbe riportare a Morpheus la palma di software P2P più utilizzato.
Non tutti sono convinti della cosa. Già dagli sviluppatori di alcune reti molto conosciute, come quelle che fan capo a eDonkey , arriva un certo scetticismo sulla capacità degli sviluppatori di StreamCast di creare una interoperabilità tra sistemi effettivamente funzionante. A loro dire, gli elementi in campo sul piano tecnico sono talmente numerosi che il rischio, al contrario, è quello di trovarsi in mano uno strumento morto o addirittura un tool capace di far danni alle reti cui si aggancia.
Sebbene tutti siano interessati a vedere cosa potrà accadere, i primi a sollevare perplessità sono proprio quelli di Kazaa, secondo i quali la capacità del nuovo Morpheus di interfacciarsi anche al network di Kazaa e persino di interagire con la piattaforma adware, Altnet, che è integrata ad esso, rappresenta un illecito. “In realtà – ha spiegato uno dei boss di Kazaa ai reporter – non siamo mai tranquilli quando qualcuno utilizza un software illegale e non autorizzato per inserirsi in FastTrack. Ma non siamo ancora in modalità panico”.
Quella che si va delineando, al di là dei tentativi di Morpheus, è dunque una nuova battaglia per la leadership nel mercato dei software di sharing, una battaglia che avrà vincitori e sconfitti ma che testimonia, forse ancor più delle parole di Rosso davanti al Congresso americano, tutta la vitalità di una industria assediata nei tribunali e trionfante sulla rete delle reti.