Ironia della sorte o prova definitiva della rivoluzione compiuta dalla condivisione dei contenuti digitali in rete? Il P2P si impone anche nelle radio statunitensi, che ne seguono le tendenze per stabilire le classifiche musicali, mandando in soffitta le hit parade industriali.
Questo e nientemeno è quanto proposto da un articolo del Wall Street Journal che sembra sdoganare definitivamente il fenomeno del P2P, che in superficie l’industria continua a combattere ma che in realtà ne sta modificando profondamente le caratteristiche e i modelli di business . Nelle radio americane, in questi mesi, si ascolta principalmente la musica che “va forte” sulle reti di P2P.
È l’ennesima dimostrazione, dopo gli MP3 sponsorizzati distribuiti sui network “pirata”, che il file sharing è sempre al centro dei pensieri dei discografici e dell’industria, e in maniera non necessariamente tutta negativa: la società di ricerche di mercato Mediabase , parte del conglomerato dei media americano Clear Channel Communications , ha stretto una partnership con l’attenta osservatrice dello scambio in rete BigChampagne per usare a vantaggio dei network radiofonici i dati di diffusione carpiti sul P2P .
Quale luogo migliore delle reti di sharing, popolate dai consumatori/ascoltatori più avidi di materiale musicale il più disparato, per individuare i reali trend vincenti e la musica che le persone più ascoltano al di là dei rigidi schemi voluti dalle strategie distributive delle starlette e dello showbiz ? Grazie alle sue rodate capacità di indagine statistica del settore, BigChampagne raccoglie i dati utili che poi gira a Mediabase, la quale fa “la soffiata” alle radio partecipanti all’accordo.
Dunque nessuna isteria da crociata legale contro i cattivi pirati del P2P questa volta, ma un approccio pragmatico al peso che, dati alla mano, lo scambio non autorizzato ha sulla distribuzione legale dei contenuti digitali, essendo la seconda una frazione infinitesimale del primo. Gli effetti del nuovo metodo si sono già fatti sentire , riferisce poi il WSJ. Un caso su tutti, la canzone “Pop, Lock and Drop It” di Huey. Il pezzo era in rotazione ad aprile sulla stazione hip-hop Power 106, e gli ascoltatori non sembravano particolarmente propensi a richiederla. I dati di BigChampagne, al contrario, mostravano un notevole scambio del brano sui network P2P, ragion per cui il direttore musicale dell’emittente ha deciso di insistere, venendo infine premiato con il largo successo che la canzone ottiene attualmente.
A dirla tutta, i metodi di “sondaggio” usati per costruire le playlist sono attualmente essi stessi un mix di fonti diverse, incorporando download legali, interviste telefoniche e dati del file sharing . Ma si prevede che questi ultimi acquistino col tempo un’importanza sempre maggiore, fino a divenire il metodo di ricerca principale. Non è poi totalmente chiara la capacità specifica di influenza di un media su un altro: secondo il presidente di Mediabase, aggiungere un brano alla playlist radiofonica spesso porta ad una crescita dei download corrispondenti sul P2P.
Dal canto loro, le major dimostrano di non aver ancora accettato pienamente la realtà fattuale ed incontrovertibile della condivisione musicale senza il loro stringente controllo, e usano il nuovo strumento di indagine con ben più di qualche patema d’animo : “È preoccupante che vi sia così tanta attività (pirata, ndr.) considerata utile”, ha dichiarato a riguardo Larry Kenswil, vice-presidente esecutivo delle strategie di business della grande sorella del disco Universal Music Group.
Chi invece è pienamente convinta di quel che fa è l’accoppiata Mediabase-BigChampagne, la cui iniziativa ha avuto successo con una velocità inaspettata portando il duo a siglare accordi con un gran numero di stazioni radiofoniche, ben oltre le 100 emittenti che erano l’obiettivo dell’anno ancora in corso.
Alfonso Maruccia