Prima gli italiani
, recita uno slogan parecchio in voga tra gli esponenti dell’esecutivo che, forse per una questione di coerenza, ora rischia di applicare lo stesso principio anche alla Web Tax. Vale a dire che saranno prima, se non esclusivamente, gli italiani a pagarla.
La nuova Web Tax, una storia tutta italiana
Si tratta di un’ipotesi da non escludere. Dopotutto, non sono ancora giunte conferme a proposito del possibile ampliamento della tassazione a tutte le aziende nostrane del settore digitale. La misura è inclusa nella bozza della legge di bilancio al vaglio del Parlamento e rischia di affossare l’intera industria. Si parla di un 3% sui ricavi (e non sugli utili), calcolato indipendentemente dalla portata del business.
Al tempo stesso, il governo si dichiara pronto a cedere alle pressioni degli Stati Uniti per la cancellazione dell’imposta associata all’attività dei colossi d’oltreoceano come Google e Meta. A quest’ultimo tema abbiamo dedicato un approfondimento il mese scorso.
Leonardo Leo, viceministro dell’economia e delle finanze, ha confermato l’intenzione di avviare un dialogo con Donald Trump, al fine di trovare una soluzione. Queste le sue parole, raccolte da Reuters.
Con l’amministrazione Trump, dovremo dialogare.
Il pasticcio Made in Italy per ingraziarsi Trump
Lo scenario che va delineandosi ha del paradossale. La tassazione è stata introdotta anni fa, con l’obiettivo specifico di assicurare che le Big Tech a stelle e strisce attive in Italia potessero contribuire all’economia del paese, dove generano profitti significativi, offrendo servizi e facendo transitare il ricavato da sedi e sussidiarie collocate altrove. Ora, questi colossi internazionali del mondo online potrebbero vedersi sollevati dall’obbligo di versare l’imposta.
Al tempo stesso, per le nostre startup, PMI e persino per le partite IVA individuali, si prospetta all’orizzonte un ennesimo balzello a cui far fronte, anche se il loro giro d’affari non è minimamente paragonabile a quello di Google o Meta. Prima gli italiani, insomma.