Roma – Le majors della musica e del cinema vogliono aggredire digitalmente i sistemi di file-sharing e ora una proposta di legge che sarà presto presentata al Congresso intende dar loro mano libera, affinché la battaglia contro il peer-to-peer non si conduca soltanto in tribunale.
Le ragioni per le quali questa proposta verrà portata all’attenzione dei parlamentari americani le ha spiegate chiaramente il deputato Howard Berman, ideatore della norma, secondo cui “mentre la tecnologia peer-to-peer è libera di trovare nuovi e più efficienti metodi di distribuzione che rendono ancora più difficile il problema della pirateria, chi dispone di copyright non è ugualmente libero di organizzare risposte tecnologiche. E questo non è giusto”.
Poiché le operazioni di cracking e attacco informatico che potrebbero essere predisposte dai discografici o dagli studios di Hollywood possono trovarsi in contrasto con le attuali normative, la proposta di legge prevede di dare una protezione legale a quei detentori di copyright che ricorreranno alle aggressioni hi-tech per “difesa”. Se questo non consentirà loro di colpire direttamente i computer degli utenti, cioè i protagonisti delle reti peer-to-peer, di certo ci va molto vicino. Una “licenza di uccidere” che sta ovviamente già preoccupando moltissimi.
Che i discografici americani della RIAA siano effettivamente interessati ad avere mano libera si era capito già l’anno scorso quando un brutto pasticcio combinato dall’associazione degli industriali mise in luce con quali strumenti si intende combattere la pirateria su internet.
La RIAA e lo stesso Berman negano che vi sia alcuna relazione tra le due cose sebbene la RIAA non neghi di appoggiare pienamente la proposta.
Di interesse, dunque, vedere quali sono i mezzi con i quali i detentori di copyright potranno agire senza temere conseguenze legali: aggressione sul download, un’operazione nella quale si tenta di tempestare il computer di un utente dei network di sharing con false richieste di download al fine di bloccarne l’attività; sequestro di collegamento, quando un utente viene inviato ad una locazione online diversa da quella ricercata; spoofing dei file, ovvero mascheramento di contenuti inutilizzabili all’interno di file apparentemente intatti e ricercati dagli utenti.
Berman ammette che si tratta di aggressioni informatiche che potrebbero oggi essere punite dalla legge ma insiste che senza questi strumenti la battaglia contro la pirateria online non può essere combattuta “ad armi pari”. Va detto che solo pochi giorni fa un accordo capestro extragiudiziale ha praticamente costretto alla chiusura il celebre sistema di sharing AudioGalaxy.
Preoccupate per questa iniziativa sono naturalmente le imprese del file-sharing, secondo le quali l’iniziativa legislativa tende ad autorizzare lo scatenamento di una guerra informatica contro gli utenti internet. Il CEO di StreamCast Networks, che gestisce il celebre sistema di Morpheus, ha spiegato che la sua azienda “non giustifica l’hacking verso i computer dei consumatori” e ha definito quelle azioni “tattiche sovversive per aggredire proprio quelle persone a cui chi produce contenuti cerca di vendere i propri prodotti”.