Era il 2003 quando si iniziò a parlare (in modo un po’ fantasioso) di un tablet di Apple, e in base ad alcune recenti rivelazioni fu proprio nel corso di quegli anni che Apple iniziò a lavorare al progetto di un dispositivo portatile a tutto schermo: le voci di corridoio non sono (quasi) mai completamente casuali… In quei mesi si ipotizzava uno schermo touch con un certo grado di intelligenza, che però non era indipendente al 100 per 100, ma costituiva un sorta di “stazione remota” per un’unità centrale, unità alla quale potevano idealmente collegarsi più stazioni. Sarebbe interessante se il tablet che andrà a presentare Apple nelle prossime settimane avesse effettivamente anche qualche capacità di questo tipo, ma a 7 anni di distanza le aspettative sono molto cambiate… e in ogni caso non è questo quello di cui vorrei parlare oggi.
Il tablet di Apple non esiste ancora, non c’è la minima notizia ufficiale in merito, eppure tutti già ne parlano. E non è solo questione di “fanatismo” degli utenti Apple, perché accanto a chi lo elogia per il suo sicuro successo (anche senza sapere cosa ci si potrà fare), c’è anche chi lo critica in base a “presunte” caratteristiche che, essendo per l’appunto “presunte”, non possono certo costituire la base per una critica sensata. Quel che è certo è che il tablet della Mela (iPad, o iSlate, come sembra ora più probabile in base alle registrazioni dei relativi domini internet da parte di società che fanno capo a Cupertino) è sulla bocca di tutti, e comincia a preoccupare anche la concorrenza, che probabilmente è in possesso di un numero maggiore di notizie e indiscrezioni. Forse “preoccupare” non è la parola giusta, in ogni caso diversi produttori si stanno affrettando a rilasciare (o quantomeno ad annunciare) prodotti simili, ed è difficile dire quanto questi oggetti fossero previsti “adesso”, o quanto i tempi siano stati accelerati per dare l’impressione di “esserci prima di Apple”, perché a nessuno piace sentirsi dire che il proprio prodotto è la brutta copia di altro.
Così, mentre gli utenti più “affezionati” attendono la fine di gennaio per un evento non ancora ufficiale (né tantomeno annunciato) che dovrebbe rivelare il tablet tanto atteso, immaginando chissà quali meraviglie dell’interfaccia, in questi giorni Freescale , HP-Microsoft , Lenovo , Dell e altri ancora, si stanno affannando a presentare la loro idea più o meno “rivoluzionaria” di tablet.
In questo caso “affanno” è proprio la parola giusta, perché nel corso del CES di Las Vegas le novità sono molte ed è difficile emergere dal mucchio. Probabilmente è anche per questi motivi che Apple ha deciso di non partecipare più a nessuna manifestazione di massa, nemmeno a quelle dedicate esclusivamente al mondo Mac, preferendo invece la formula, peraltro già collaudata, dell’evento a sé stante. In questo caso il rischio è quello di generare troppa attesa e deludere le aspettative , ma l’effetto mediatico è assicurato, soprattutto se si ha l’accortezza di mantenere il riserbo assoluto lasciando lavorare la fantasia degli utenti. Il “giochetto” sembra averlo capito molto bene anche Google, che per Wave, Chrome OS, e Nexus One ha utilizzato lo stesso stratagemma, aggiungendo (ove fattibile) l’ulteriore elemento degli inviti che, facendo sentire “importante” l’utente investito di questa possibilità, aumenta l’effetto desiderio.
Ovviamente si tratta di una strategia che non può essere messa in atto da tutte le aziende: serve un marchio con una forte personalità capace di presentare prodotti che si distinguono dagli standard, o che riescono a definirne di nuovi, ed Apple negli ultimi anni è riuscita a fare molto bene queste due cose.
Quando tutti i produttori avranno svelato le loro carte chi si aspetta che la rivoluzione sta nell’hardware dovrà nuovamente ricredersi, perché la vera rivoluzione sarà ancora una volta nel modo in cui l’hardware viene utilizzato, ovvero nel software, nella sue modalità di interazione con l’utente, e nelle nuove forme di presentazione delle informazioni. In qualsiasi giorno si terrà, l’evento di Apple non riguarderà tanto l’annuncio di un nuovo pezzo di hardware (oggetto che in varie forme avranno già presentato in molti), ma piuttosto la dimostrazione di com’è possibile creare una piccola rivoluzione nell’esperienza di accesso a servizi e contenuti. È proprio per questo che ha senso creare un evento a sé stante, magari scegliendo appositamente una data successiva alle presentazioni degli “altri”, perché l’importante non è arrivare prima (non sempre perlomeno) ma dimostrare, rispetto agli altri, di essere arrivati nel modo giusto. Altrimenti, confondendosi nel mucchio, c’è il rischio del flop.
Domenico Galimberti
blog puce72
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