Come già successo altre volte in passato , un evento fortuito riaccende la discussione sull’effetto concreto degli ad-blocker sulla vita commerciale dei siti web a contenuto editoriale. A riaprire il dibattito è questa volta un articolo apparso su Ars Technica , che non esita a definire “devastanti” le conseguenze della mancata visualizzazione di banner e advertising durante la navigazione delle pagine del sito.
Il celebre sito della scuderia Condé Nast sostiene la propria tesi argomentando con esempi concreti e paralleli con il “mondo reale”: “Immaginate di dover gestire un ristorante dove il 40% delle persone che viene e pranza poi non paga – scrive l’ editor-in-chief Ken Fisher – In un certo qual modo, questo è quanto ci sta facendo il blocco dell’advertising. Esattamente alla pari di un ristorante, noi abbiamo il personale, le risorse da pagare e dobbiamo pagare quando le persone consumano tali risorse”.
Visualizzare le pagine web di Ars Technica costa risorse e quindi denaro, dice Fisher, e bloccare la pubblicità impedisce al sito di raccogliere il guadagno utile al prosieguo della sua avventura editoriale. Contrariamente a quanto molti possano credere, infatti, il denaro corrisposto ad Ars dai pubblicitari viene calcolato sul numero di visualizzazioni e non sul numero di click .
Gli ad-blocker sono dunque la rovina delle pubblicazioni web più insigni? Wladimir Palant, autore del più usato blocca-pubblicità per Mozilla Firefox, risponde in maniera indiretta citando una serie di articoli che esprimono le tante motivazioni per cui il problema non è l’utenza che blocca l’advertising ma il webmaster che per esso ritaglia un ruolo di remunerazione che, alla lunga, si rivela inefficace.
E soprattutto, scrive lo sviluppatore di Adblock Plus , “i soldi ancora vengono dal risultato, non dal potenziale”. Chi “vede” gli ad sul web e poi non acquista il prodotto reclamizzato non fa bene al sito che dalla pubblicità trae la principale sua fonte di sostentamento , un fatto “vero per la televisione, per la radio e anche per Internet” feed inclusi . La differenza del web è che il “feedback” dei risultati degli ad arriva molto prima, ed è questo il motivo (dice ancora Palant) per cui il modello di business telematico basato sulla pubblicità sarebbe attualmente in crisi.
Alfonso Maruccia