L’importante è che fruiscano dei contenuti e li apprezzino: le platee di individui che si appassionano alle produzioni di un pornografo saranno terreno fertile per la crescita di business collaterali. Fatto di merci tangibili, di esperienze da consumare a pagamento.
Ad annunciare l’entusiasmo per la circolazione dei propri contenuti online, materiale licenzioso ordinariamente protetto da diritto d’autore, è Berth Milton, CEO del colosso del porno Private Media. Constata che la rete, dopo l’iniziale spinta assestata al mondo del porno, “si è rivelata la cosa peggiore che potesse capitare al business dei contenuti per adulti”: a causa dell’agevole condivisione del materale a mezzo piattaforme di streaming e a mezzo P2P. Ma ammette altresì che “ci sono montagne di opportunità” per “far fruttare la circolazione del materiale fra coloro che non pagano” e per trasformare queste dinamiche in un modello di business per l’azienda di cui tiene le redini.
Inutile, rivela Milton, tentare di arginare il fluire non autorizzato del materiale protetto da copyright, inutile tentare di educare i cittadini della rete al rispetto della legge sul diritto d’autore. Il CEO di Private Media chiama in causa i propri figli: “Poco importa che io dica loro che è illegale scaricare – racconta – non appena chiusa la porta della loro camera avviano il download”. Lo stesso varrebbe su scala globale, e per il mercato della pornografia.
“Più persone piratano i nostri contenti, più sono felice” ha dichiarato Milton: più il bacino di utenza è ampio, più sono i potenziali utenti per altri generi di prodotti. Il CEO di Private Media stima che nel giro di cinque anni il DVD sarà morto. Lasciando spazio, nel settore pornografico, alla pletora di prodotti e servizi da cui l’azienda spera di trarre dal 95 al 99 per cento dei propri guadagni : Milton accenna a palpabili complementi alla fruizione dei contenuti, a servizi dedicati alla tessitura di un network sicuro e controllato di persone che condividano passioni pruriginose e sapidi sollazzi. “Cose – chiosa Milton – che non si possono copiare”.
Ma non tutti i pornografi concordano con il CEO di Private Media: accanto a coloro che s’ingegnano per mettere a frutto le violazioni c’è chi da anni si avventa sugli intermediari le cui piattaforme ospitano materiale caricato dagli utenti e sgusciato fuori dai canali ufficiali. C’è altresì chi pattuglia i circuiti del P2P alla ricerca di chi pecca: Lucas Entertainment, operatore specializzato nella pornografia a tinte omosessuali, si sta adoperando affinché venga tolta la maschera a 185 indirizzi IP. Che potrebbero ricevere a casa una imbarazzante richiesta di conciliazione, con la quale si invita a corrispondere una somma di denaro per aver goduto illecitamente di “Kings Of New York”. Del resto, ha spiegato il CEO dell’azienda Michael Lucas, “il business è business e dobbiamo pur trarre denaro dai nostri contenuti”.
Gaia Bottà