Un dettagliato documento di 13 pagine , recentemente spedito da Apple all’attenzione dei due deputati del Congresso statunitense Edward J. Markey e Joe Barton. A firmarlo, Bruce Sewell, general counsel e vicepresidente del dipartimento legale dell’azienda di Cupertino. Un rendiconto atteso dai due congressmen a stelle e strisce, che ha così fatto luce su alcune nuove disposizioni per la privacy imposte dalla Mela ai suoi utenti.
Le nuove policy erano state divulgate con il lancio del nuovo sistema operativo iOS 4, con un paragrafo aggiuntivo destinato a far discutere. Ovvero quello sui servizi basati sulla posizione che – una volta sottoscritto il contratto obbligatorio per accedere allo store di iTunes – avrebbe permesso a Apple e a non meglio specificati partner di raccogliere, utilizzare e condividere dati precisi sulla localizzazione.
“Scrivo in risposta alla vostra lettera a Steve Jobs – ha esordito Sewell – che richiedeva informazioni e documenti sulle policy di Apple in materia di privacy, e circa i servizi basati sulla posizione”. Markey e Barton avevano infatti sottolineato come il problema fosse nella stessa natura del contratto, che non permetterebbe agli utenti di negoziare le singole clausole , né tantomento di rifiutarle.
Utenti che invece avrebbero sempre la possibilità di disattivare i servizi basati sulla posizione, grazie ad una specifica operazione di opt out sui vari dispositivi legati a iOS 4. Nessuna informazione verrebbe a questo punto raccolta dall’azienda di Cupertino. In aggiunta, la Mela richiederebbe sempre il consenso ai singoli utenti per il successivo sfruttamento anonimo dei dati.
“Per garantire ai suoi utenti prodotti e servizi di alta qualità, Apple deve avere accesso ad informazioni generalizzate basate sulla posizione – ha continuato Sewell – Per tutti quei device legati alle versioni da 1.1.3 a 3.1 di iPhone OS, Apple ha fatto affidamento (e lo fa tuttora) su database gestiti da Google e Skyhook Wireless “.
Ma la Mela farà ora affidamento su un database proprio, a partire dalla versione 3.2 di iPhone OS , in modo da fornire ai suoi clienti i vari servizi di localizzazione. Che per essere garantiti dovranno quindi contare su quelle informazioni relative all’esatta posizione di antenne e hot spot WiFi. Il tracciamento dei device – Sewell l’ha ribadito – rimarrebbe a disposizione della sola Apple.
I vari dati GPS vengono raccolti dai dispositivi della Mela ogni 12 ore, prima di procedere alla cifratura e all’invio verso i database. Ma si tratterebbe di informazioni del tutto anonime, non affatto legate alla precisa identità del singolo cliente. Sewell ha poi sottolineato come la sua azienda sia in linea con la sezione 222 del Telecommunications Act a stelle e strisce.
Ma, anche se non lo fosse, il problema non sussisterebbe dal momento che Cupertino non è un operatore di telecomunicazioni. Questo – sempre secondo il rendiconto – non la obbligherebbe a chiedere l’autorizzazione prima dello sfruttamento dei dati sulla posizione, come appunto richiesto dalla sezione 222.
Mauro Vecchio