Nonostante alcuni chiaroscuri che andremo ad esaminare (inevitabili visti i movimenti di mercato di questo periodo) quella presentata ieri sera da Apple è stata una trimestrale da record , un record che vale ancora di più se lo confrontiamo con alcuni risultati poco brillanti della concorrenza.
Ma procediamo con ordine dai dati più generali: nel trimestre concluso qualche settimana fa, Apple ha fatturato oltre 42 miliardi di dollari (il 12,5 per cento in più rispetto allo scorso anno) realizzando utili per 8,5 miliardi (1 miliardo in più dell’anno scorso) che corrispondono a 1,42 dollari per azione diluita. Il margine lordo è pari al 38 per cento, leggermente in crescita rispetto al 37 per cento dello stesso periodo del 2013. Ovviamente i numeri del totale sono poco indicativi del reale andamento dei vari settori, quindi procediamo con la consueta analisi del dati di dettaglio.
Come accade ormai da diversi trimestri, la medaglia d’oro spetta ancora una volta all’iPhone: in un periodo solitamente contrastato tra il calo di vendite nell’attesa del nuovo modello e la corsa all’ultimo arrivato, Apple è riuscita a piazzare quasi 40 milioni di unità (per la precisione 39,3 milioni). Ovviamente in questi numeri rientrano anche i 10 milioni di unità vendute nel primo weekend del lancio del nuovo modello, e anche quelli del lancio successivo che ha coinvolto un maggior numero di paesi. Resta il fatto che si tratta di numeri da record che nessun altro produttore riesce ad ottenere con così pochi modelli, soprattutto in questa fascia di prezzo: iPhone, da solo, totalizza 23,7 miliardi di fatturato, il 56 per cento del totale di Apple. Pare inoltre che ogni quattro iPhone venduti, uno sia un iPhone 6 plus, il che significa che molti utenti hanno apprezzato il fatto che Apple abbia modificato le dimensioni del melafonino (cosa che contribuisce ad aumentare il fatturato). Con il Natale in arrivo, ovvero col trimestre che già normalmente è il più ricco dell’anno, è facile prevedere che fra tre mesi ci sarà un nuovo record: le previsioni di Apple parlano di fatturati tra i 63,5 e i 66,5 miliardi di dollari, numeri impensabili anche solo cinque anni fa.
Torniamo ai dati odierni: se iPhone mantiene la maglia gialla, i chiaroscuri arrivano ancora una volta da iPad. Non che il mercato sia morto, ma sicuramente c’è stato un forte ridimensionamento dovuto anche all’avanzata dei modelli Android meno costosi. Numericamente parliamo di 12,3 milioni di unità vendute, il 13 per cento in meno rispetto allo scorso anno, e in calo del 7 per cento anche rispetto al trimestre precedente. Qui probabilmente ha avuto maggiore incidenza l’attesa dei nuovi modelli, che a differenza dell’iPhone non sono arrivati nel corso trimestre estivo a compensare il calo di vendite generato dell’attesa. Certo è che i prossimi due trimestri saranno indicativi dell’andamento di questo settore, che alcuni analisti danno già in declino per via dei phablet di dimensione sempre maggiore. Personalmente credo ci sia ancora molto spazio per questi dispositivi: i phablet sono ormai al limite (se dev’essere un oggetto “tascabile” non può crescere ulteriormente) mentre i tablet possono aumentare in dimensione e funzioni, così da diventare fruibili per un numero di utilizzi sempre maggiore.
Credo che Apple punti molto in questa direzione (è da diverso tempo che si parla di iPad da 12 pollici, magari abbinato ad una tastiera) ma anche qui parliamo di progetti futuri: per il presente dobbiamo fare riferimento a quanto presentato la scorsa settimana , e se l’iPad Air 2 si presenta con un apprezzabile incremento di novità (spessore ridotto, schermo laminato antiriflesso, e processore A8X), per il modello mini la strategia sembra poco chiara. Oltre al Touch-ID e alla nuova colorazione dorata, non ci sono motivi che dovrebbero spingere verso il nuovo modello, perlomeno in Italia. C’è infatti un’altra novità passata un po’ in sordina che potrebbe cambiare le carte in tavola agli utenti statunitensi e britannici: Apple ha introdotto nei nuovi iPad una SIM virtuale programmabile che permette all’utente di scegliere a piacere il proprio piano tariffario con l’operatore che vuole e in base a dove si trova. Si tratta di un’idea che nasce ancora nella mente di Jobs ed è facile immaginare che questa novità verrà trasposta sui prossimi iPhone, sperando che aumenti anche il numero di paesi dove è supportata questa funzione.
Tornando nuovamente ai dati della trimestrale, prima di passare ai computer spendiamo due parole sugli iPod: con il classic ormai dismesso (ufficialmente non affronterà nemmeno il periodo natalizio, anche se qualche negozio potrebbe averne ancora), e il nano che non sembra trovare una via di sbocco, l’iPod Touch è l’unico che forse potrebbe avere un senso, ma è ancora fermo al processore Apple A5 del 2011. Difficile fare grandi numeri in queste condizioni, ed infatti il numero di iPod venduti scende ulteriormente a quota 2,6 milioni di unità (il 24 per cento in meno dell’anno scorso) con un fatturato pari a 410 milioni di dollari, al di sotto dell’uno per cento del fatturato totale. Davvero Apple ha voglia di continuare ad offrire questo prodotto? Se la risposta è “sì”, mi aspetto che venga presto rivisitato e rinnovato, soprattutto il modelo touch (anche perché è probabile che la prossima release di iOS non girerà su un processore che è rimasto l’ultimo esponente a 32 bit del mondo iOS). Se la risposta è “no”, l’arrivo di AppleWatch potrebbe mietere vittime anche a Cupertino.
Detto questo restano due argomenti da evidenziare nei dati di questo trimestre: i Mac e il fatturato dei servizi. Quest’ultimo possiamo liquidarlo velocemente osservando che continua a crescere (più 8 per cento rispetto allo scorso anno, per un totale pari a 4,6 miliardi di dollari, oltre il 10 per cento del fatturato) segno che anche l’App Store, incluso in questa voce del fatturato, vende molto bene, ancora meglio del Play Store per Android che pure può contare ufficialmente su un maggior numero di terminali venduti e app scaricate.
Sui Mac l’analisi è più complessa: complessivamente parliamo di un 21 per cento in più rispetto al 2013 per un fatturato pari a 6,6 miliardi di dollari (in crescita anch’esso del 18 per cento), numeri ottimi in un mercato che, sebbene dia qualche segno di ripresa, non si attesta certo su questi valori di crescita. Per un’analisi completa sarebbe utile distinguere il settore dei portatili da quello dei computer desktop, cosa che i dati diffusi ieri non ci permettono di fare, per cui ci limitiamo a fare qualche considerazione relativa ai prodotti in vendita. Nel campo dei desktop iMac 5K rappresenta una novità il cui impatto sarà da valutare nel corso dei prossimi mesi, anche perché è completamente assente dai dati del trimestre scorso: non è una macchina che pare indirizzata al mercato consumer (anche in virtù del prezzo) ma non è nemmeno propriamente una macchina professionale come potrebbe esserlo il Mac Pro (anche se il concetto di macchina professionale è quantomeno opinabile). È difficile valutare quale sarà l’impatto sulle vendite e su quali categorie di utenti farà presa, ed inoltre rimane un mistero, alla luce di questi nuovi schermi che equipaggiano gli iMac, il mancato aggiornamento della linea dei display che avrebbero potuto accompagnare le vendite di Mac Pro. Sui portatili ci sono ulteriori margini di miglioramento legati ai modelli di futura presentazione, tra cui un probabile MacBook Air Retina del quale si sente parlare sempre più spesso come previsione per il 2015 (oltre quindi il trimestre natalizio).
L’ultima cosa riguarda la diffusione geografica: gli Stati Uniti, pur rappresentando la fetta maggiore con 16,2 miliardi di dollari, si mantengono al di sotto del 40 per cento del totale del fatturato, mentre la Cina sembra aver un po’ arrestato la sua corsa (anche se si parla di ben 20 milioni di iPhone 6 come stima di vendita per il lancio dello scorso week-end). L’Europa, nonostante il periodo di crisi e l’apparente minor interesse verso i dispositivi iOS, rimane pur sempre il secondo mercato di Apple con 9,5 miliardi di dollari di fatturato e una crescita del 19 per cento rispetto al 2013.
In conclusione segnaliamo che il consiglio di amministrazione ha deciso di distribuire un dividendo di 0,47 dollari per azione, e la borsa ringrazia facendo sfiorare al titolo AAPL la soglia dei 100 dollari.
Domenico Galimberti
blog puce72
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