Roma – Sono passati ormai alcuni mesi dall’ intervista a Ian Clarke , l’ideatore del Progetto Freenet, sulle pagine di Punto Informatico. Il Progetto avanza rapidamente e per approfondire abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere telematiche con Marco A. Calamari, uno degli italiani più coinvolti nel progetto che ha pochi giorni fa tenuto una relazione sullo stato del Progetto.
Punto Informatico: Marco, ad un anno di distanza è possibile trarre un bilancio sull’andamento del Progetto Freenet?
Marco A. Calamari: Il Progetto Freenet è in una fase di notevole sviluppo tecnico; stanno per essere introdotte nuove funzionalità, come quella degli split files, che permetteranno di renderne più veloce ed affidabile il funzionamento. E la realizzazione di client di buon livello, come Frost , che permette di utilizzare Freenet come file sharing e BBS, ne rappresentano le prime applicazioni user-friendly.
Un problema evidente che Freenet sta attraversando è quello di un progressivo svuotamento di contenuti della vecchia Freenet (la 0.3) mentre la nuova (la 0.4) non è ancora abbastanza stabile per poter essere riempita. Si tratta di un problema temporaneo; semmai c’è da meravigliarsi quanto sia stata stabile ed utilizzata la versione 0.3, trattandosi di un software meno-che-beta.
PI: Punto Informatico qualche tempo fa ha dato la notizia dell’apertura della mailing list italiana dedicata a Freenet, tutt’ora piuttosto attiva. Quanti sono gli italiani coinvolti nel Progetto?
MAC: Il gruppo di lavoro italiano è stato molto attivo durante la traduzione del sito, arrivando ad una decina di persone; attualmente il numero si è molto ridotto; siamo quattro persone part time, molto part….. e nessuno di noi è impegnato nello sviluppo del software.
Non sono numeri così bassi: l’ultima volta che ho controllato, l’intero Progetto contava una trentina di persone (betatester inclusi).
PI: Tu sei uno degli “acceleratori” italiani di Freenet, dedicando molto del tuo tempo al Progetto. Cosa può fare uno sviluppatore che vuole dare una mano? E chi condivide il fine ma non ha le competenze tecniche per contribuire cosa può fare per “spingere” il Progetto?
MAC: Nessuna paura, c’è molto da fare, ed a tutti i livelli di competenza. Tutti, con un minimo di impegno, possono installarsi un nodo Freenet, documentandosi sul sito italiano ed utilizzando la mail list .
Chi non possiede particolari competenze ma solo la conoscenza dell’inglese informatico può lavorare alla traduzione del nuovo sito; chi possiede competenze specifiche di linguaggi java e C, protocolli e crittografia può partecipare allo sviluppo della documentazione tecnica, attualmente poco soddisfacente.
Infine chi avesse esperienza di sviluppo java e/o C in ambienti Linux e Windows potrebbe impegnarsi in prima persona nel gruppo degli sviluppatori, attualmente composto da sole 6 persone part-time. Se c’è una cosa che nel Progetto Freenet non manca sono le opportunità di farlo crescere; se fossi uno sviluppatore avrei solo l’imbarazzo della scelta, ma non essendolo, sarei lieto di mettere a disposizione la mia conoscenza “storica” del progetto per supportare chi volesse entrare nel gruppo di sviluppo. Chi fosse interessato può contattarmi all’indirizzo marcoc@firenze.linux.it .
PI: In ambiente Freenet possono circolare materiali che la legge ordinaria considera illegali o prodotti illecitamente… Che rischi corre a tuo parere chi decide di gestire oggi un nodo Freenet in Italia?
MAC: Dal punto di vista legale nessuno; ci si pone però in evidenza, come individui che vogliono tutelare i propri diritti individuali; e questo in vari tempi e luoghi non è stato e non sarà necessariamente benvisto.
Il possesso e l’utilizzo di tecnologie crittografiche per la privacy e l’anonimato è perfettamente legale in Italia, come in quasi tutta la UE (Francia esclusa). Alcune proposte di direttive europee, se fossero approvate e recepite, potrebbero in parte modificare questa situazione.
In ogni caso Freenet è stato progettato per impedire che il gestore di un nodo possa essere considerato responsabile per il materiale contenuto nel nodo o che vi transita; potete trovare maggiori particolari sulla documentazione del seminario “Freenet: un anno dopo” scaricabile qui .
Approfitto dell’occasione per segnalare che alla fine di Gennaio si terrà a Firenze un convegno dedicato alla difesa delle privacy in Rete.
PI: Nella tua presentazione “Freenet un anno dopo” parli di un tunnel SSL come cautela aggiuntiva contro attacchi di memorizzazione del traffico. L’anonimato non è sempre garantito da Freenet e/o in che modo deve essere protetto?
MAC: L’anonimato di chi pubblica, recupera o conserva dati è garantito, entro limiti molto ampi, dai protocolli base di Freenet; possibilità di attacco ai protocolli di Freenet esulano probabilmente dall’ambito tecnico di queste domande.
L’opportunità di utilizzare un tunnel SSL nasce quando si utilizza Freenet senza averla installata sul proprio pc, ma tramite un gateway come quello del Flug che utilizza appunto un tunnel di questo tipo.
Non utilizzando un tunnel si rende infatti intercettabile tutto il traffico che avviene dal pc al gateway stesso; per questo motivo è più che opportuno criptare col protocollo SSL (notate la “s” nell’URL del gateway) tutte le comunicazioni tra essi. In questo modo si “recupera” la maggior parte della privacy.
Non tutta però! Infatti un’analisi del traffico permette di scoprire, se non il contenuto, almeno tempi e volumi dello scambio di informazioni. Se invece si utilizza un nodo Freenet installato sul proprio pc, non è possibile discernere il traffico generato automaticamente dal funzionamento del nodo da quello causato dalle richieste dell’utente.
PI: Oggi Freenet è alla 0.4…
MAC: Freenet 0.4 e 0.5 sono la stessa cosa; analogamente (ma al contrario!) ai numeri di versione del kernel di Linux, i numeri pari indicano le versioni “instabili” e quelli dispari le stabili. L’attuale versione stabile è la 0.3; quando Freenet 0.4 sarà stabilizzata diventerà la 0.5.
PI: Il progetto ha indubbiamente basi ideali di enorme portata ed impatto ma una infrastruttura tecnica ancora ben lungi dal potersi tradurre in un uso diffuso di Freenet. Sei d’accordo? Cosa ne pensi?
MAC: Sì, questo è vero nel caso di Freenet come in quello delle altre tecnologie per la difesa della privacy, come Pgp ed i remailer. Queste tecnologie hanno senso solo se vengono adottate da un numero significativo di persone, e questo è possibile solo con una maggiore consapevolezza dell’importanza della privacy in Rete. È quindi necessario che iniziative tecniche come quelle del Progetto Freenet vengano supportate da iniziative ideali, come quelle della Electronic Frontier Foundation o didattiche come quelle del Progetto Winston Smith .
PI: Il 2001 verrà ricordato come l’anno dei più imponenti assalti alle libertà digitali. Freenet oggi costituisce una risposta possibile alle esigenze del libero flusso di informazioni e della libertà di parola?
MAC: Freenet non è ancora abbastanza matura da contrastare questi attacchi. È però, a mio parere, la tecnologia più promettente per l’immediato futuro; tra pochi mesi o al massimo un anno potrebbe essere più importante di Pgp e rappresentare la prima linea di difesa della privacy, altrettanto rivoluzionaria per la privacy in rete quanto il Web lo è stato per la diffusione della Rete tra i non informatici. Purtroppo, con questi chiari di luna, potrebbe essercene un gran bisogno molto presto.
Intervista a cura di Paolo De Andreis