Hammaad Munshi è stato arrestato quando aveva 16 anni. Intratteneva conversazioni con esponenti di cellule terroristiche, scaricava da Internet manuali per costruire esplosivi fai da te, minacciava di sacrificarsi per la causa di Al-Qaida. Non ha mai messo a rischio il Regno Unito ma ora è stato condannato a due anni di carcere.
A decretare la condanna del giovane, le prove rintracciate nell’hard disk del suo computer: aveva scaricato dei prontuari per produrre Napalm, si documentava sulle tecniche per confezionare detonatori e granate, archiviava video e rivendicazioni postate online dai militanti di Al-Qaida. Nel corso delle indagini era stato ritenuto “l’esperto di computer” di un nucleo di terroristi che gravitava intorno ad un ragazzo appena poco più grande di lui.
Munshi aveva intrattenuto conversazioni con gli altri membri del gruppo, tentava di capire se fosse possibile imbarcare una spada su un aereo ingannando i controlli di sicurezza, discuteva di esplosivi artigianali con persone pressoché coetanee. Si tratta di conversazioni che non sfuggono alle previsioni del Terrorism Act del 2000 : non è necessario aver fabbricato esplosivi, basta parlarne , basta raggranellare informazioni a riguardo per mettere in pericolo la sicurezza nazionale.
Munshi sconterà una pena carceraria di due anni poiché, spiegano le autorità, possedeva del materiale “in circostanze tali da sollevare il ragionevole sospetto che il materiale fosse posseduto in connessione all’intento di commissionare, organizzare o istigare un atto terroristico”. Con le stesse accuse, nei mesi scorsi, erano stati trascinati in tribunale due gruppi di giovani: gli uni si infervoravano in maniera innocente su materiale propagandistico filo-estremista, gli altri erano stati arrestati perché responsabili di aver scaricato da un server del Dipartimento della Giustizia statunitense, per completare una tesi universitaria, un manuale di addestramento per le milizie terroriste. C’è chi ne è uscito senza conseguenze, c’è chi ne è uscito con la vita distrutta.
Munshi e gli altri due ragazzi arrestati, lo hanno stabilito gli investigatori e lo ha confermato il giudice, erano tre persone pericolose e non erano semplicemente incuriositi dal materiale terroristico. Il nonno di Munshi, noto esperto di Islam, ha spostato l’attenzione da una legge che punisce le semplici intenzioni alla situazione in cui versano i giovani netizen: “Questo caso dimostra come un giovane, impressionabile teenager possa essere convinto così facilmente attraverso Internet – ha avvertito il nonno – è un vero campanello d’allarme per i genitori: c’è bisogno di vigilare, soprattutto se i ragazzi sono su Internet”.
Gaia Bottà