Sono passati 15 giorni da quando l’europarlamentare radicale Marco Cappato , segretario dell’ Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca, certo non nuovo ai problemi della rete e dei diritti digitali, ha fatto appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché valutasse la costituzionalità della cosiddetta riforma SIAE, quella normativa che come ben sanno i lettori di Punto Informatico ha introdotto il concetto di opere degradate . Dopo 15 giorni il Quirinale ha risposto, escludendo qualsiasi problema costituzionale:
“Gentile Onorevole,
rispondo, per incarico del Presidente della Repubblica, alla lettera in cui Ella ha espresso le proprie perplessità in merito alla legge 9 Gennaio 2008, non ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale, recante disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori.
Al riguardo, mi preme sottolineare che il Capo dello Stato ha esercitato il potere di controllo della legittimità della legge a Lui sottoposta per la promulgazione, nell’ambito delle attribuzioni che la Costituzione gli assegna.
Da tale controllo – nell’effettuare il quale il Capo dello Stato ha tenuto presenti anche le osservazioni da Lei svolte – non sono emersi profili di costituzionalità che fossero di ostacolo alla promulgazione della legge, che è avvenuta il 9 gennaio scorso.
Ulteriori ed eventuali profili di legittimità non potrebbero essere sottoposti, eventualmente, al vaglio della Corte Costituzionale, ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione.Mi è gradita l’occasione per inviarLe cordiali saluti.
Salvatore Sechi
Consigliere del Presidente della Repubblica per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali”
Cappato in particolare aveva messo l’accento proprio sull’articolo 70, quello che afferma: è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro .
L’esponente radicale aveva evidenziato come “numerosissimi giuristi informatici, magistrati e riviste specializzate sono concordi nel sostenere che la nuova norma, indipendentemente dalle dichiarate buone intenzioni dei promotori, pone in discussione la stessa libertà di ricerca, imponendo, anche per fini scientifici e didattici, limitazioni irragionevoli che ne rendono impossibile l’effettivo esercizio. Gli elementi di confusione ingenerati dal nuovo testo normativo, peraltro, avrebbero conseguenze non prevedibili sulla stessa amministrazione della giustizia”. La preoccupazione, cioè, è che l’articolo 70 così come formulato possa ledere principi costituzionali .
La risposta del Quirinale, fa sapere Cappato a Punto Informatico , non è convincente : “È ora doveroso mettere alla prova l’interpretazione della Costituzione – ha spiegato – attraverso ricorsi ed azioni di disobbedienza civile che concepiremo con l’aiuto dei giuristi che operano per rafforzare la libertà di espressione in rete, nonché con l’aiuto degli scienziati dell’Associazione Luca Coscioni impegnati per promuovere la libertà di ricerca scientifica”.