Una delle regole fondamentali dell’economia di mercato individua nell’innovazione un propulsore del ciclo di consumo. Corollario di questa regola è che l’urgenza di mettere sul mercato prodotti “innovativi” crea spesso, e non solo nel mercato informatico, innovazione inutile. Marketing e pubblicità hanno il ruolo di farcela sembrare indispensabile, ma questa è un’altra storia.
Una rubrica che voglia affrontare l’argomento “innovazione inutile” nel 2007 ha il dovere di occuparsi del formato UMPC, alias Origami, nato da specifiche annunciate da Microsoft e Intel al CeBit 2006 e in procinto di essere rinverdito dal nuovo OS di Redmond.
Nelle sue attuali incarnazioni, l’UMPC consiste in un dispositivo più piccolo di un tablet PC ma sensibilmente più grande e pesante di un palmare, meno potente e spesso più costoso di un notebook, con una durata di batteria ben lontana da quella dei PDA di ultima generazione e spesso inferiore a quella di ultraportatili di prezzo equivalente. Non sembrano ottime premesse per aggredire un mercato, quello dei dispositivi portatili connessi, in cui negli ultimi anni si stanno spendendo le migliori energie del settore tecnologico.
Invece di dedicarmi ad un’ennesima critica funzionale, vorrei però dimostrare empiricamente l’attuale inutilità del formato attraverso un’analisi del quadro delle infrastrutture di rete.
È facile intuire quanto contribuisca e abbia contribuito la diffusione della connettività WiFi a quella dei dispositivi portatili. La rete WiFi assieme al crescente numero di servizi disponibili a privati e aziende sulla rete Internet ha creato le premesse per un grande rafforzamento del mercato dei notebook. In tal senso la banda della rete 802.11 garantisce un’esperienza completa del “Web 2.0”, quel sistema di innovazioni che ha già ridefinito i cardini stessi del concetto di “applicazione”.
Su un altro versante del mercato, la banda più stretta e diffusa di UMTS ha propulso la crescente diffusione di terminali telefonici evoluti e ibridati con funzioni che rendessero disponibili, in versione ridotta, gli stessi servizi Web.
In una linea ideale che parte dai notebook e arriva a PDA e smartphone, UMPC dovrebbe collocarsi al centro, ma le sue limitazioni sono tali da rendere difficile immaginare a spesa di quale dei due estremi dovrebbe diffondersi.
I servizi erogabili attraverso la rete UMTS (a cui gli UMPC esistenti non s’interfacciano) sono già ampiamente sfruttabili da palmari e smartphone di ultima generazione, i quali rispetto all’UMPC hanno il vantaggio di essere realmente portatili e di costare meno. D’altronde le potenzialità della rete basata sulle specifiche 802.11 e i servizi attraverso essa erogabili sono disponibili a qualunque notebook o sub notebook, la cui portatilità è ormai più che adeguata in rapporto alla limitata diffusione geografica della rete WiFi. Notebook e sub notebook devono inoltre parte del proprio successo ad una potenza e praticità d’uso tale da renderli ormai adeguati anche per un uso domestico, requisito che UMPC non soddisfa in termini di interfaccia e potenza di calcolo.
In definitiva è certo che un forte incremento della diffusione della banda larga via etere sul territorio creerà mercato per dispositivi sempre più potenti e portatili ma, date le attuali premesse di peso, costo, durata della batteria, UMPC non sembra in grado di giocare questa partita. La buona notizia per i produttori di UMPC è che questa diffusione di banda sul territorio ancora non avviene, il che ritarda il vero prime time del nuovo formato. Questo però lascia me, e immagino molti di voi, con un pesante interrogativo: a parte quelli di Pimp my ride e qualche rapper dotato di Hummer con cerchi cromati, a chi serve oggi l’UMPC?
Alessio Di Domizio
nota
La precedente release della rubrica, Il Rasoio/ UMD, cronaca di un flop annunciato , è disponibile a questo indirizzo