Se c’era qualcosa di cui i videogiocatori e utenti di tutto il mondo potevano fare a meno, questo è il formato Sony UMD . Introdotto da Sony assieme a PSP nel 2004, questo nuovo rivoluzionario supporto si è presentato al mercato come l’ennesima next big thing, dando adito a qualche speranza di successo nel 2005.
Con un prezzo al pubblico superiore a quello dei DVD, prometteva di aprire con ottimi guadagni il mercato delle console portatili ai produttori di contenuti multimediali, prospettiva molto appetibile per le major, un po’ meno per gli utenti.
Infatti, nell’illuminata visione di Sony, l’acquirente avrebbe dovuto acquistare l’UMD e il DVD per fruire dello stesso film, non potendo né riprodurre l’UMD in TV né tantomeno pensare di copiarlo su un altro supporto a causa dell’assenza di lettori/masterizzatori.
Ma, come tutti tranne Sony sanno, quando le major saltano di gioia agli utenti qualcosa gira vorticosamente nel basso ventre. Le magnifiche e progressive sorti dell’UMD si sono dunque infrante contro un crescente disinteresse, che ha portato all’inesorabile declino del formato, abbandonato nel 2006 da Paramount, Warner e finanche Sony Pictures Home Entertainment, nonché da Wal-Mart e Target, la sesta catena di supermercati in USA. A frittata fatta, una intempestiva riduzione di prezzo ha prodotto alla fine del 2006 ad una certa ripresa delle vendite in Giappone. Se solo ci avessero pensato prima.
Le conclusioni che emergono, anche nell’ottica delle ultime diatribe legate al DRM, sono sempre le stesse: la moltiplicazione e chiusura dei formati è uno strumento che le major usano per compartimentare artificialmente il mercato e moltiplicare le revenue di ogni singolo prodotto.
Se continuano così, saranno sempre più ardite le acrobazie a cui costringeranno i propri uffici marketing per supportare le innovazioni di cui solo loro sentono il bisogno, e sempre più gustoso per i consumatori farne a meno, nel generale stupore degli strateghi della “spremuta di utente”.
Alessio Di Domizio