È di Alessandro Ronchi , consigliere in quota Verdi e sostenitore del software libero, la mozione presentata lo scorso 12 giugno al Consiglio Comunale di Forlì, dal titolo: “Mozione sull’ accesso pubblico al sapere e la libera fruizione delle opere dell’ingegno “.
Tra i temi trattati ci sono le questioni fondamentali per l’e-government e l’accessibilità del materiale prodotto dal governo locale: utilizzo di soluzioni free software negli uffici comunali e adozione di standard aperti per la comunicazione con i cittadini.
Secondo il testo della mozione, disponibile a questo indirizzo , “le pubbliche amministrazioni hanno la possibilità di incentivare la produzione di opere dell’ingegno ed aumentare la loro distribuzione sul territorio”. Ma per garantire i benefici per la popolazione è necessario scegliere ” licenze d’uso diverse da quelle attuali e privilegiando le opere liberamente fruibili”.
Lo scopo è dunque migliorare il rapporto tra PA e cittadini : questi ultimi, nella visione di Ronchi, con l’adozione di standard aperti, avrebbero la possibilità di accedere liberamente alle informazioni ed ai beni prodotti direttamente o indirettamente dal Comune.
Quello che, secondo Ronchi, distingue la proposta dai precedenti ordini del giorno e mozioni approvati altrove, è l’impegno preciso che verrebbe imposto al Comune di promuovere il riutilizzo di tutti i beni immateriali, acquistati da terzi (software, documenti ecc) con i soldi pubblici, alle varie componenti della Pubblica Amministrazione e tra i cittadini.
Si legge ancora nel testo: “La sempre maggiore necessità di migliorare l’efficienza e l’efficacia degli investimenti, (…) impone alle amministrazioni la ricerca delle possibilità di riuso delle soluzioni già realizzate , (…) come indicato tra le principali linee strategiche del CNIPA (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione)”.
Per questo, la mozione impegnerebbe ad adottare formati aperti per i propri lavori e, soprattutto, a distribuire quanto prodotto con i fondi pubblici . L’idea è che ciò che è stato finanziato, anche solo al 30 per cento, debba rimanere fruibile e accessibile a tutta la popolazione .
La mozione si spinge anche oltre, ponendo un limite massimo di un anno alle restrizioni sulla pubblicazione di materiale finanziato dal Comune, nonché il divieto di impiegare tecnologie di protezione nel software o in generale nel materiale prodotto. Trascorso un anno, le opere dovrebbero essere messe a disposizione della comunità, in uno spazio creato dal Comune stesso.
Secondo Ronchi, questo significherebbe “evitare che le pubblicazioni locali finiscano in breve nel dimenticatoio, perché prive di interesse commerciale”. La mozione si pone nella scia dell’analoga iniziativa Scarichiamoli! , lanciata nel 2005 e che, a distanza di due anni, continua a fare pressione sulle istituzioni perché il patrimonio comune non invecchi o, peggio, rischi di finire in mano ad aziende private.
Ad oggi, nonostante gli sforzi della comunità per il software libero, gran parte delle risorse create dallo Stato e pagate con i soldi pubblici restano poco accessibili e troppo spesso non rispettano neppure i requisiti imposti dalla Legge Stanca . E pensare che all’estero ci sono enti pubblici che producono un loro sistema operativo .
Luca Annunziata