Cagliari – Forse non si possono adottare in una notte i sistemi operativi e gli applicativi open source ma, col tempo, la loro introduzione è benefica e vantaggiosa: sembra questo il pensiero del Consiglio Comunale di Selargius , nella provincia cagliaritana, che ha approvato nei giorni scorsi una modifica al regolamento del consiglio stesso.
Nello specifico, anziché limitarsi a parlare di acquisizione di “strumentazioni informatiche e tecnologiche”, ora il Regolamento prevede che si utilizzino “preferenzialmente programmi basati su codice sorgente aperto, in ossequio al principio di neutralità tecnologica”.
Per Giovanni Battista Gallus , consigliere dei DS per il Partito Democratico, promotore della nuova norma, si tratta di una “piccola modifica regolamentare, in attesa della legge regionale” che rappresenta “un primo passo verso l’adozione del FLOSS (free libre open source software) nella pubblica amministrazione”. La Sardegna è infatti una delle regioni che stanno lavorando sull’ipotesi di una legge regionale sul software a codice aperto, sulla scia di quanto accaduto in altre regioni ed enti locali.
A Punto Informatico Gallus ha spiegato che “non si tratta solo di un risparmio di spesa, consistente nella non necessità di acquistare delle licenze software, ma di un processo più ampio, che ha diversi vantaggi, oramai riconosciuti su scala internazionale. Tant’è che svariate pubbliche amministrazioni, tra cui ad esempio il Comune di Monaco di Baviera, sono migrate verso tali soluzioni”.
L’idea, dunque, è che attraverso l’adozione di programmi a codice sorgente aperto si eviti l'”obbligo” per la pubblica amministrazione di essere “vincolata ad un solo venditore, ovvero ad una sola software house”. “In secondo luogo – continua Gallus – la disponibilità del codice consente di personalizzare le soluzioni software, anche in un momento successivo, senza nessun vincolo con l’originario fornitore”.
Ma non è tutto qui. Ad aver convinto il Consiglio ad adottare la proposta di un consigliere di opposizione è anche il fatto, sottolinea Gallus, che “questa tipologia di software risponde appieno a quanto previsto dal C.A.D. (Codice dell’Amministrazione Digitale) in tema di riuso dei programmi informatici, e di disponibilità del codice sorgente, oltre che di utilizzo di formati aperti”.
Sono sembrate convincenti anche le considerazioni sulla possibilità per le imprese locali di beneficiare del ricorso al codice aperto da parte degli enti locali. La fornitura di servizi dedicati, di assistenza o di personalizzazione del software, possono offrire “ben maggiori margini di redditività”.