Quando si parla di VPN si fa riferimento a strumenti che dovrebbero tutelare la privacy. Ma è sempre così?
Negli ultimi anni, alcuni casi di hacking o interventi delle forze dell’ordine, hanno dimostrato come in realtà molti provider mantengano registri con dati accurati sui comportamenti dei propri utenti.
La tanto sbandierata politica no log, dunque, non è poi così diffusa come si potrebbe pensare.
Per poter capire come si comporta realmente una VPN in questo contesto, è necessario fare riferimento a una serie di dati che, molte aziende del settore, nonostante tutto registrano. Stiamo parlando di:
- indirizzo IP degli utenti
- siti Web visitati
- cronologia di navigazione
- durata delle sessioni
- uso della larghezza di banda
- connessioni al server VPN
Se una VPN registra uno o più di questi dati, la sua politica no log ha delle falle consistenti, non risultando ottimale sotto il punto di vista della privacy.
Politica no log efficace? Attenzione a quali dati registra la VPN
Per chi ha anonimato e privacy come priorità, la scelta di CyberGhost come VPN è fortemente consigliata.
Stiamo infatti parlando di un’azienda che ha sede in Romania, una nazione nota per delle leggi che tutelano la privacy in maniera alquanto solida. Di fatto, il provider si impegna a non registrare (dunque non solo a non divulgare) dati di qualunque tipo rispetto ai propri utenti.
Dunque, nemmeno ISP ed enti governativi possono, in alcun modo, ottenere informazioni da CyberGhost.
Al di là di ciò, il servizio proposto risulta competitivo anche per tante altre caratteristiche. La possibilità di usare un singolo account anche su 7 diversi dispositivi in contemporanea è un ottimo esempio in tal senso.
In ottica sicurezza poi merita una citazione senza ombra di dubbio la crittografia AES a 256 bit, lo split tunneling e un kill switch: tutte soluzioni molto apprezzabili e impossibili da individuare in VPN gratuite o non di altissimo livello.