C’è qualcosa di sorprendente nella pornografia online, e non sono i suoi contenuti, sono i suoi modelli di business, il loro modo di affermarsi. Così sorprendente da mettere spalle al muro colossi dell’intrattenimento che sono nati e cresciuti con il porno ma che, per ragioni prima di tutto culturali, e per questioni assimilabili a quelle che hanno tradito anche altre industrie, non sono stati in grado di agguantare la rivoluzione Internet. Rimasti legati agli old media , ora rischiano il tracollo.
Sulla loro strada, infatti, si trovano i numeri straordinari che stanno collezionando i nuovi siti del porno, che non sono quelli riconducibili alle grandi società di settore, in particolare quelli che hanno preso al balzo il fenomeno del web 2.0 e ne hanno fatto un minestrone a colpi di esibizionismo, community e domanda costante. Sono i vari YouPorn, Porntube e Xtube, siti che mescolano contenuti amatoriali, prodotti dagli utenti, a contenuti semiprofessionali e persino professionali. E anche per questi ultimi, in moltissimi casi, si tratta di contenuti che non provengono dai big del settore, ma da nuovi centri di produzione online, piccole società dedicate o persino gruppi di amici del mondo del video e del cinema che non disdegnano di coltivare il proprio pallino per l’hard. Roba che si dà via gratis, perlopiù, in cambio di pubblicità.
Un coacervo operoso che forma una nuova industria che sembra capace di mettere spalle al muro la vecchia. Le cifre parlano da sé: un gruppo di richiamo come Vivid ha visto dimezzarsi le vendite di DVD osé dal 2004 ad oggi ed è ovvio, come si apprende in questi giorni, che valuti con interesse la possibilità di ingollare un bocconcino come YouPorn, capace di raccogliere 15 milioni di utenti unici in un mese e fatturare, senza alcuna vera struttura commerciale, più di 2,4 milioni di dollari l’anno.
Ma sono problemi che affrontano tutti i big del settore. Le eccezioni sono coloro che hanno reso per anni l’industria del porno online un’ avanguardia tecnologica . Sono molte le meraviglie sfornate dall’industria di settore, capace di inventarsi nuove tecnologie di compressione, di rendere veicolabile il video quando la banda larga era poco più di un sogno, e di far sbocciare nuovi sistemi di advertising, cross-promotion e online billing. Tecnologie, e procedure, e tecniche, e rapporti commerciali, che hanno non solo segnato un’epoca, e consentito loro di passare indenni l’epoca dello sboom, ma che hanno anche creato le fondamenta su cui ora poggia una porzione non irrilevante dell’economia Internet.
Il futuro del settore è nelle cose, e assomiglia a quello che aspetta con ogni probabilità anche molti altri comparti. È quello dei grandi degli old media che, arrivati tardi, devono recuperare, trovare nuovi canali distributivi ma soprattutto intavolare tutto un nuovo rapporto con i loro customer .
È dunque un futuro fatto di acquisizioni , di nuove strutture commerciali, di nuove formule pubblicitarie, nel quale ai numeri elevatissimi della falange pornografica si accompagnano dinamiche di business più tradizionale. Non sorprende, dunque, che Stephen Paul Jones, co-founder di YouPorn, abbia proposto a Vivid il proprio portale: lo darà via per 20 milioni di dollari, “nulla” rispetto al potenziale di un sito del genere in mano ad una major del settore.