Il vero asso di iPhone si chiama AppStore

Il vero asso di iPhone si chiama AppStore

di D. Galimberti - Apple ha registrato una forte crescita anche nell'ultimo trimestre finanziario, ma deve cominciare a guardarsi dai sempre più numerosi avversari di iPhone. La carta su cui puntare si chiama AppStore
di D. Galimberti - Apple ha registrato una forte crescita anche nell'ultimo trimestre finanziario, ma deve cominciare a guardarsi dai sempre più numerosi avversari di iPhone. La carta su cui puntare si chiama AppStore

Roma – La scorsa settimana Apple ha presentato i risultati fiscali del trimestre appena concluso. Oltre al consueto incremento di fatturato che da 4 anni accompagna l’evento (per questo trimestre si parla del 20% di unità vendute in più rispetto allo scorso anno), ci sono due dati sui quali vale la pena soffermarsi, anche alla luce delle recenti novità (hardware e non) di casa Apple.

La prima è la continua crescita del mercato dei notebook: l’ultimo trimestre fiscale del 2008 ha fatto segnare un aumento di vendite del 24% rispetto allo stesso periodo del 2007, nonostante l’inevitabile rallentamento causato dall’attesa dei nuovi modelli. La domanda che ci si potrebbe porre è se i nuovi portatili hanno rispecchiato le attese, o se nei prossimi tre mesi dobbiamo aspettarci un rallentamento nelle vendite.

Dal punto di vista prestazionale, non c’è dubbio che i nuovi portatili rappresentino un buon passo avanti, ma ci sono delle “ombre” sul resto delle novità introdotte. Tralasciando discorsi puramente estetici (la nuova cornice nera non è gradita da tutti, e la nuova tastiera non offre lo stesso feedback rispetto al “vecchio” MacBook Pro), ci sono almeno due cambiamenti che hanno lasciato perplessi gli utenti di vecchia data. Il primo è l’eliminazione dello schermo opaco dalla serie Pro, scelta quantomeno discutibile visto che i riflessi dei monitor “glossy” non sono molto graditi dalla maggior parte dei vecchi utenti, nonostante la maggior brillantezza di questi display (che il pubblico “consumer” sembra apprezzare).

Il secondo cambiamento, che ha generato ancor più perplessità tra i vecchi utenti, è la rimozione della porta FireWire dai MacBook. La giustificazione ufficiale di Apple (per bocca dello stesso Jobs) è che ogni videocamera attualmente in vendita è dotata di porta USB 2. Questo potrà anche essere vero per le videocamere ad alta definizione o quelle che registrano su hard-disk e schede di memoria, ma tutti quelli che utilizzano il supporto mini-DV necessitano sempre della FireWire. Inoltre il mondo della FireWire non è limitato alle sole videocamere: hard disk collegati in cascata, schede audio professionali, reti tra computer, e molto altro ancora. Senza contare il fattore performance: qualche tempo fa, ripristinando un vecchio iPod via FireWire, notavo come la sincronizzazione di 10 GB di musica fosse incredibilmente più veloce rispetto alla stessa operazione eseguita via USB 2 su un iPod di ultima generazione.

La sensazione è che Apple, con i nuovi MacBook, si rivolga principalmente ad un target di potenziali “switcher”, utenti che non hanno mai usato la FireWire e che probabilmente iniziano solo ora a fare video editing (e quindi hanno una videocamera nuova). Probabilmente il nuovo portatile riscuoterà molto successo tra questa tipologia di consumatori, meno tra gli utenti di più lunga data, le cui proteste difficilmente faranno tornare Apple sui propri passi.

Abbandonando il tema notebook, il dato più sorprendente dei risultati fiscali di Apple è quello che riguarda le vendite di iPhone: si parla di quasi 7 milioni di pezzi venduti in un solo trimestre, un numero che da solo potrebbe quasi soddisfare le previsioni fatte durante il lancio del primo modello, quando Jobs parlò di 10 milioni di iPhone da vendere entro la fine del 2008.

Facendo un paragone con lo scorso anno, il modello EDGE (venduto solo negli USA), fece segnare nello stesso periodo “solo” 1,1 milioni di unità, quantità che raddoppiò nei mesi successivi (grazie al periodo natalizio e all’ampliamento del mercato nei primi paesi Europei) ma che scese poi drasticamente a 0,7 milioni nel trimestre precedente al lancio del modello 3G. Facendo un piccolo confronto con la concorrenza, e ragionando solo in termini di fatturato, Apple si trova al momento al terzo posto nella classifica di venditori di cellulari, molto indietro rispetto a Nokia, ma non molto distante da Samsung e appena sopra Sony Ericcson. Considerando che Apple è nel settore da poco più di un anno, che ha a catalogo un solo modello di telefono, e che (visti i prezzi) non si tratta certo di un prodotto di largo consumo, possiamo affermare in maniera più che obiettiva che si tratta di un risultato sorprendente.

Secondo il mio modesto parere, parte del successo deriva anche dall’AppStore: poco dopo la messa in vendita del primo modello, parlai dell’iPhone definendolo “un iPod con funzioni di telefonia”, sollevando alcune perplessità su alcuni suoi limiti, soprattutto in vista della commercializzazione nel vecchio continente. Il mio disappunto era dettato più che altro dal fatto che Apple avesse messo in vendita un oggetto dal potenziale molto elevato, ma con una grossa pecca: l’impossibilità di espanderne le funzionalità con nuovo software.

Voglio sperare che l’idea di Jobs non fosse realmente quella di costringere i propri utenti ad utilizzare solo applicazioni Web 2.0, anche se Apple per molti mesi ha sostenuto questa tesi (ufficialmente per motivi di sicurezza). Sono molto più propenso a credere che i tool di sviluppo fossero in previsione già dall’inizio, ma che Apple volesse lanciare l’iPhone sul mercato il più presto possibile, sfruttando l’attesa creata dalle indiscrezioni e senza attendere i tempi per la preparazione dei suddetti tool.

Un’altra possibilità è che Apple (contrariamente all’approccio scelto da Google con Android) volesse prima assicurarsi una certa base di telefoni venduti, concedendosi il tempo per studiare il fenomeno del jailbreaking per capire quale interesse ci fosse intorno alla sviluppo di applicazioni “native”. Solo a quel punto, la casa di Cupertino ha dato il via alle prime versioni dell’SDK (Software Development Kit), generando ulteriore interesse per l’apertura dell’App Store in concomitanza con l’uscita mondiale del nuovo modello di iPhone.

Manco a dirlo, l’AppStore si è rivelato un successo senza precedenti, con centinaia di milioni di download realizzati nei primi mesi, a testimonianza del fatto che gli utenti di iPhone e iPod Touch non aspettavano altro. Altrettanto si potrebbe dire degli sviluppatori, visto il numero elevato di applicazioni che si possono trovare: si va dalle (in)utility gratuite, alle applicazioni specialistiche che possono costare anche un centinaio di euro, passando per i giochi delle grandi software house (SEGA, Gameloft, Husdon, Electronic Arts, Namco ecc.) proposti comunque a prezzi contenuti.

A titolo di esempio, nel momento in cui scriviamo sono presenti oltre 1700 titoli classificati come “giochi” e il prezzo medio è inferiore ai 2 euro: salvo rarissime eccezioni, i titoli di maggior richiamo non costano più di 8 euro, e l’unica arma dei piccoli sviluppatori è quella di proporre idee originali a prezzi stracciati (0,79 euro), il che stimola la creatività e abbassa il prezzo medio dei prodotti in vendita.

Guardando al futuro, possiamo intravedere due problemi relativi alla gestione delle applicazioni per iPhone e iPod Touch. Il primo, più banale, riguarda direttamente il modo in cui il software viene rappresentato sui due dispositivi: dividendo tutte le applicazioni in pagine da 16 icone, quando il numero di elementi installati aumenta (e nelle intenzioni di Apple dovrebbe essere molto elevato) ci si scontra con la mancanza di “circolarità” delle pagine e l’impossibilità di organizzare le applicazioni in sottoinsiemi accessibili a gruppi. Si tratta di limiti facilmente superabili da un aggiornamento del firmware, e l’interfaccia consente ampie possibilità per la gestione dei raggruppamenti (scroll “verticale”, pulsante Home ecc.).

Più complessa invece potrebbe essere la gestione dell’AppStore quando Apple deciderà di aggiornare l’iPhone in maniera significativa: uno schermo a risoluzione maggiore (o, viceversa, un iPhone più piccolo), un processore più veloce o una nuova funzionalità hardware, introdurrebbero delle segmentazioni sull’AppStore che vanno in direzione opposta rispetto all’attuale linearità del negozio. Non è certo un problema insormontabile, ma andrà affrontato nel migliore dei modi: uno dei punti di forza di Apple è sempre stata la semplicità di utilizzo dei propri dispositivi, e vista la dimensione che sta assumendo l’AppStore, più passa il tempo più la situazione potrebbe diventare confusionaria.

Anche se Apple ha dalla sua la possibilità di utilizzare solo hardware scelto da lei, prima o poi dovrà scontrarsi con un aggiornamento sostanzioso del proprio telefonino, tanto più che la concorrenza non sta certo a guardare: se è vero che l’iPhone ha segnato la strada introducendo nuove idee nel mondo degli smartphone, ora Apple si trova ad affrontare Android, Samsung Omnia, Blackberry Storm, Nokia N96 e Tube, Sony-Ericsson Xperia, e molti altri ancora. Se vuole continuare a crescere ai ritmi attuali, il prossimo anno Jobs dovrà estrarre qualche nuovo coniglio dal cilindro.

Domenico Galimberti
(Per contattare l’autore scrivere alla redazione )

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Pubblicato il
29 ott 2008
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