Il virus della pirateria domestica

Il virus della pirateria domestica

di Adele Chiodi - Quanti fanno copie in casa e le rivendono a terzi, anche via internet? Chi lo fa rischia grosso. Eppure, tolto il lucro, condividere un'esperienza con amici e parenti dev'essere considerato un diritto
di Adele Chiodi - Quanti fanno copie in casa e le rivendono a terzi, anche via internet? Chi lo fa rischia grosso. Eppure, tolto il lucro, condividere un'esperienza con amici e parenti dev'essere considerato un diritto


Roma – C’è un piccolo strisciante virus nel modo in cui gli italiani utilizzano le proprie tecnologie high-tech, perché sempre di più le sfruttano in casa per produrre copie di materiali regolarmente acquistati, copie illegali che poi rivendono ad una ristretta cerchia di amici e parenti.

Questa tendenza è in vistoso aumento, stando alle cifre fornite dalla Federazione contro la Pirateria Musicale (FPM), ed è stata nel 2002 oggetto di diverse operazioni di polizia, peraltro impegnata perlopiù sul fronte della pirateria di massa, un fenomeno segnalato in crescita nel nostro paese.

Alcuni intraprendenti bucanieri casalinghi utilizzano poi internet per “piazzare” le proprie discutibili produzioni attraverso newsgroup, chat, mailing list e persino spam. Operazioni che finiscono sempre più spesso per attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.

Rimane naturalmente da vedere quanti di questi pirati, che si sentono al sicuro al riparo delle pareti domestiche, credano davvero di poter lucrare in operazioni di questo tipo e quanto, invece, non siano spinti al crimine dall’estrema facilità con cui oggi è possibile duplicare musica, film e software. In certi casi potrebbe giocare un ruolo importante anche l’ignoranza della legge, che in Italia è particolarmente severa.

La pirateria industriale, a cui ora si aggiunge questo fenomeno emergente, secondo le aziende del settore provoca danni ingenti a tutti i livelli, dal fronte della produzione artistica per arrivare all’occupazione. Eppure c’è un “ma”.

Mettendo per un attimo da parte l’aspetto del lucro, infatti, è inevitabile nel comportamento sociale quotidiano condividere con amici e parenti ciò che piace e ascoltare insieme della musica, per fare un esempio banale, è un’attività diffusa e frequente. Da qui a copiare un CD e passarlo ad un amico il passo è breve, sebbene anche questo sia considerato illegale dalle normative vigenti. Normative che, attente ai problemi della redditività della produzione musicale, talvolta sembrano dimenticare che la giustificazione della loro origine sta nell’agevolare e nell’incoraggiare lo sviluppo della persona e del suo benessere.

Con questo non intendo giustificare un comportamento illegale ma il considerare fuorilegge una duplicazione “domestica” senza fini di lucro appare sempre più come una concessione ai produttori capace di intaccare le libertà individuali.

Adele Chiodi

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Pubblicato il
15 gen 2003
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