L’HTML Working Group del World Wide Web Consortium (W3C) ha rilasciato la prima bozza pubblica delle specifiche Encrypted Media Extension , discussa tecnologia per “estendere” le capacità del linguaggio ipertestuale alla base del web così da includere componenti aggiuntivi (Content Decryption Module o CDM) per la protezione dei contenuti proprietari distribuiti online.
A nulla sono dunque servite le furenti discussioni sull’argomento e la ferma opposizione di Electronic Frontier Foundation e Richard Stallman (Free Software Foundation): il linguaggio base del web, standard open e interoperabile sin dalla sua prima definizione, potrà presto divenire veicolo di schemi DRM proprietari e fuori standard che hanno l’obiettivo di inibire (o almeno provarci) l’accesso non autorizzato dei contenuti “premium” offerti a pagamento.
Si tratta della stessa “missione” che hanno sin qui perseguito componenti closed come i tanto vituperati plug-in per browser Adobe Flash o Microsoft Silverlight, e che nell’ottica del W3C – che incidentalmente coincide con quella di distributori e industria dei contenuti – rappresenta un’aggiunta buona e giusta al linguaggio HTML per il mercato, gli utenti e la salvaguardia del Web stesso.
Senza una piattaforma per implementare meccanismi DRM efficaci e – volendo – proprietari, spiega infatti il presidente del consorzio Jeff Jaffe, l’Open Web verrebbe sostituito dalle app su gadget completamente chiusi (Apple), coltivando la filosofia dei “walled gargen”. Una prospettiva molto peggiore di quell’uso delle DRM su HTML che le estensioni EME rappresentano, conclude Jaffe.
Alfonso Maruccia