Il web è un archivio aperto a chiunque, nel quale si depositano racconti e narrazioni, nel quale si intrecciano le voci di culture diverse. Per concentrare e coordinare questa potenzialità narrativa delle tecnologie digitali è stato avviato il progetto Our Stories , al quale collaborano la fondazione One Laptop Per Child ( OLPC ), UNICEF e Google , con l’appoggio di StoryCorps , organizzazione non profit che da anni si occupa di conservare la tradizione orale scaturita da tutte le culture.
Our Stories si propone come punto di raccordo in cui far convergere sprazzi di tradizione orale registrati con i mezzi a disposizione dei cittadini digitali disseminati in ogni angolo del globo. Le audio storie potranno essere catturate con telefonini, webcam o con XO, che prevede delle funzioni integrate per la registrazione e per la condivisione. Corredarle con qualche immagine sgranata per indirizzare l’immaginazione e dare un volto al racconto sarà possibile ma non necessario.
Per ora sono i volontari delle fondazioni coinvolte a postare i contenuti, localizzati su una mappa fornita da Google: UNICEF ha già pubblicato delle storie raccolte in Uganda, in Pakistan e in Tanzania, alle quali si sono aggiunti i racconti archiviati dal museo virtuale Pessoa . Presto compariranno sulla mappa anche quelli dei bardi di StoryCorps e le interviste, le canzoni, le narrazioni dei bimbi che avranno a disposizione il computer solidale XO. L’obiettivo, spiegavano gli organizzatori nei mesi scorsi, è quello di raccogliere e condividere milioni di storie personali entro il 2010, estendendo a chiunque l’invito a partecipare con la propria voce e con il patrimonio culturale della terra in cui è radicato.
Il formato consigliato è l’ intervista : i griot dell’era digitale sono invitati a raccogliere le storie e le esperienze delle persone della loro comunità nella lingua originale. I file audio non verranno doppiati né sottotitolati ma, spiegano da Our Stories, “speriamo di raccogliere tante voci in tante lingue così che ciascuno potrà ascoltare le storie nella lingua che comprende”. Un modo per non appiattire le differenze e le peculiarità che caratterizzano ogni cultura, un modo per non uniformarsi alla lingua e a certe tendenze globalizzanti della rete.
Il web si legge e si scrive. È un intreccio di storie, i racconti dei narratori si intessono sulle piattaforme di sharing e nei social media. La cultura si preserva e si condivide online perché i cittadini della rete possano conoscerla , rielaborarla e reinventarla. “Così possiamo condividere le nostre esperienze – ha spiegato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon – Possiamo gettare dei ponti, possiamo costruire la pace”.
Gaia Bottà