Il Web visto dal Governo

Il Web visto dal Governo

Open source, enti locali, Italia.it: cosa ci si deve aspettare dal web istituzionale? Punto Informatico ne parla con Lelio Alfonso, responsabile della comunicazione del Governo
Open source, enti locali, Italia.it: cosa ci si deve aspettare dal web istituzionale? Punto Informatico ne parla con Lelio Alfonso, responsabile della comunicazione del Governo

Il web istituzionale italiano rispecchia l’incertezza di questi anni, e vive tra alti e bassi degni di dr. Jekyll e mr. Hyde. Se da un lato il sito Governo.it è tra più moderni per usabilità e quantità di contenuti, il portale Italia.it solleva da mesi ondate di comprensibile indignazione alle quali il governo tarda a dare risposte soddisfacenti, rallentato com’è dai tanti mugugni di Palazzo.

Punto Informatico ha incontrato Lelio Alfonso , responsabile della comunicazione istituzionale e del Governo, per parlare delle condizioni del web statale e cercare di fare un po’ di chiarezza.

Punto Informatico: Istituzioni online, ci sono novità?
Lelio Alfonso: Il portale del Governo è stato ripensato, attraverso due linee di concetto: la trasparenza e l’interattività. In un anno e due mesi abbiamo trasformato il sito in un vero portale, aprendolo a una serie di servizi che sono presenti in altre realtà europee, ma non in tutte quelle italiane.

PI: Cosa significa questo, nella pratica?
LA: Dal 21 maggio scorso, insieme a una release grafica realizzata internamente e quindi a costo zero, diamo per esempio ai cittadini la possibilità di scrivere al Presidente e al Governo (riceviamo oltre 300 mail al giorno), di vedere i filmati commentati dai singoli ministri sulle riunioni del Consiglio, di ricevere una newsletter settimanale sempre più ricca e che ha circa 150mila iscritti.
L’attività del governo può essere seguita attraverso le news pubblicate in home page, così come nelle sezioni “Governo” e “Governo informa”, in cui sono raccolti tutti i provvedimenti approvati, i comunicati stampa e i dossier.
Inoltre il sito è stato costruito secondo le norme di accessibilità previste dalle WCAG 1.0 , mentre tutti i file audiovisivi sono nei formati Real Player, Media player e QuickTime.

PI: Dove si trova fisicamente il sito?
LA: È ospitato presso la sala sistemi di produzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gestita dal personale dell’Ufficio Informatica e Telematica della Presidenza stessa, e condivide le infrastrutture con gli altri siti e servizi gestiti dall’Ufficio.
In particolare governo.it è installato, insieme a circa altri 20 siti più piccoli, in un cluster composto da 2 nodi di front-end e 2 nodi di back-end .

PI: Quanto personale stipendiato si occupa della redazione?
LA: La redazione è formata complessivamente da meno di 10 persone tra redattori e tecnici, e lavora in sinergia con la Struttura di Comunicazione del Governo che io dirigo e gli uffici Web e stampa degli altri ministeri e della P.A.; fornisce anche una serie di contenuti per gli altri siti e dipartimenti della Presidenza.

PI: Sul versante controlli? Chi verifica i contenuti pubblicati?
LA: Tutti i contenuti sono sottoposti ad uno scrupoloso controllo e sono sempre verificati personalmente dagli autori o da chi ha ricevuto il compito di controllare i dati (internamente alla redazione o nella P.A. in generale). Questo in modo che i criteri standard di qualità e di controllo siano definiti con estrema precisione, e abbiano massima priorità.

PI: Quanti sono i documenti pubblicati sul sito attualmente?
LA: Il portale contiene circa 45.000 documenti tra pagine HTML e file PDF e accoglie mediamente 300.000 visitatori unici ogni mese.

PI: A proposito di visite. Ci dia qualche numero preciso.
LA: Nel 2006 il portale ha avuto circa 180 milioni di accessi. Il trend mensile è in costante crescita, sia nel numero di pagine viste, sia in quello di visitatori unici.
La durata media della permanenza è di 8 minuti, a conferma che non si tratta solo di sporadiche visite ma di vere e proprie navigazioni approfondite.
Ovviamente la maggior parte delle connessioni proviene dall’Italia, ma ci sono molti navigatori dagli Usa, dalla Svezia, dalla Gran Bretagna e ancora da Germania, Austria, Svizzera, Francia e Belgio. In questa classifica “globale” ci sono anche alcune sorprese, come i molti accessi dalla Corea del Sud.

PI: Quali sono gli argomenti che interessano di più gli utenti?
LA: Tra i provvedimenti più consultati, sicuramente in testa troviamo i decreti legge riguardanti i settori dell’economia e delle finanze e quelli sul lavoro e le politiche sociali.

PI: Parliamo del progetto ” Sitiarcheologici “, presentato a fine gennaio, che pubblica le precedenti versioni di alcuni siti istituzionali. Come si è svolto un lavoro documentale così importante?
LA: È stata una vera opera di “ricerca tecnologica”, sulla quale ho lavorato in stretto raccordo con gli Uffici informatici della Presidenza. Sono stati loro, abilmente, a recuperare materiali che incredibilmente erano stati cancellati o male archiviati. A questa richiesta l’Ufficio Informatica e Telematica ha risposto con l’idea che accarezzava da tempo di mettere a disposizione di tutti la grande mole di materiale prodotto negli anni dai diversi Dipartimenti della Presidenza del Consiglio e conservato nei suoi backup.

PI: Costi reali dell’operazione? Avete usato consulenze tecniche esterne per recuperare il materiale?
LA: Il progetto tecnico è stato realizzato completamente da funzionari della Presidenza del Consiglio. Questo è stato possibile grazie al fatto che da sempre l’Ufficio gestisce internamente i propri sistemi, e perciò possiede il know-how e la memoria storica per ripristinare le funzionalità di sistemi anche piuttosto vecchi.

PI: Ma com’è che quest’idea è venuta solo adesso?
LA: È chiaro che ad ogni cambio di Governo si proceda ad una revisione non solo estetica di quanto fino a quel momento pubblicato. Meno chiaro, anzi inaccettabile, che si cerchi di cancellare il passato. Il Governo è un’istituzione che deve obbligatoriamente mantenere la sua memoria e metterla al servizio degli studiosi e dei cittadini. Sul versante della correttezza tecnologica c’è ancora molto da fare. Noi abbiamo dato questo contributo forte che permette anche di ricreare un po’ la storia dei siti Internet dei governi dalla fine degli anni ’90 ad oggi.

PI: Parliamo del futuro prossimo. Quali sono i progetti?
LA: Potrei rispondere banalmente con un “migliorare sempre più il servizio”. E devo anche dire che si tratta di una banalità molto difficile da rispettare. Comunicare con correttezza e spirito unitario le attività di un Governo non è una cosa facile, ma è e deve essere una sorta di bandiera professionale. Abbiamo moltiplicato in un anno le pagine del portale (siamo ad oltre trentamila, continuamente aggiornate) e non intendiamo fermarci. È chiaro che lo sviluppo delle nuove tecnologie è tale che guardiamo con interesse alle opportunità che il digitale offre anche in termini di telefonia mobile e di mezzo televisivo.

PI: Questo per ciò che concerne l’istituzione centrale. Ma senza l’ammodernamento dei vetusti sistemi locali onestamente servirebbe a poco. C’è qualche previsione su quel fronte o siamo fermi?
LA: Stiamo lavorando per creare una rete informativa sul territorio che coinvolga gli enti locali e le prefetture per ampliare l’offerta comunicativa e creare rapporti dedicati con i cittadini sui temi e le istanze di maggiore importanza. Vogliamo inoltre potenziare sensibilmente il sistema di comunicazione interna, perché la P.A. ha “fame” di notizie ed è corretto che transitino direttamente in intranet e non solo attraverso i canali esterni. È una sfida culturale che credo sia giusto lanciare in questa fase. Insomma, i progetti non mancano.

PI: Governo.it è in regola con le norme di accessibilità previste dalla Legge Stanca, ma sono moltissimi i siti istituzionali ancora carenti sotto questo aspetto. A più di tre anni di distanza dalla sua approvazione, c’è stata una reale influenza di tale Legge nella P.A. o è l’ennesima occasione mancata?
LA: Tutte le leggi devono fare i conti con l’evoluzione della società. Nel caso di una legge che regolamenta l’innovazione tecnologica, questa diventa una necessità. La legge Stanca è stato un primo passo importante nella giusta direzione, ed è venuto il momento di implementarla, adeguarla e approfondirla. Prima di fare ciò, comunque, è fondamentale applicare fino in fondo ciò che la normativa prevede, e non solo in termini di accessibilità. Vi sono infatti enormi lacune da colmare nei comportamenti e nelle scelte “editoriali”.

PI: Queste sono quasi tutte belle notizie, ma parliamo di una delle questioni irrisolte e più clamorose del web istituzionale, ovvero Italia.it, il portalone da vari milioni di euro poco accessibile , poco aggiornato, e opinabilmente progettato. Cosa intendete fare?
LA: Si tratta di una questione sulla quale è doveroso effettivamente fare chiarezza. Se le cifre che sono girate fossero effettivamente milionarie, la “rivolta” del mondo web sarebbe assolutamente legittima, per ragioni che non devo certo spiegare io. Quella di Italia.it è una vicenda nella quale il nuovo Governo ha una competenza ereditaria, trattandosi di un progetto approvato precedentemente: sia nella scelta dei partner, sia nella progettazione del sistema informatico-gestionale.

PI: Ok, ma nella pratica tutti quei soldi che fine faranno adesso?
LA: Il Dipartimento dell’Innovazione e quello del Turismo hanno ipotizzato un percorso che oggi sta vedendo i primi passi, migliorabili come per ogni cosa di questa importanza: ma nessun impegno di spesa è stato ancora preso in modo definitivo.

PI: Sarebbe un work in progress semi congelato, insomma?
LA: Credo che Italia.it vada giudicato nel tempo e considerando tutte le scelte precedenti. Il Governo, come dimostra anche la gestione del portale principale, ha scelto la strada dell’economia e si prepara ad abbracciare, è una notizia che mi fa piacere dare, l’open source.

PI: In che senso?
LA: Il software libero è uno degli esempi di come interpretiamo l’evoluzione della società italiana contemporanea. Nei prossimi mesi, infatti, governo.it trasformerà il suo content manager system proprio grazie alle tecnologie aperte.

A cura di Luca Spinelli

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Pubblicato il
23 lug 2007
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