Un pugno di caratteri, meno di 1000, spazi inclusi, buttati giù in un comunicato stampa da leggere tra le righe senza lasciarsi distrarre dal titolo ad alto impatto mediatico: “SIAE promuove Legal Bay: via legale per scaricare musica e cinema”.
Il comunicato dice ben poco circa il progetto al quale starebbero lavorando nelle stanze dei bottoni di viale della Letteratura “tutti gli operatori del mercato audio video attivi in Italia (oltre agli autori e editori rappresentati dalla SIAE, i produttori musicali e cinematografici) e i principali operatori telefonici” ed è dunque troppo presto per sbilanciarsi in giudizi definitivi sulla nuova iniziativa del monopolista di Stato dell’intermediazione.
Alcune osservazioni, tuttavia, sembrano sin d’ora legittime.
Cominciamo – tra il serio e faceto – dal nome del nuovo servizio: “legal bay”.
Se fossi in Global Gaming Factory, la nuova proprietaria della Baia dei Pirati, mi preparerei a correre in tribunale e contestare alla SIAE una condotta di concorrenza sleale per denigrazione, appropriazione di pregi e sviamento della clientela.
Sarebbe, davvero, un’azione divertente e, a ben vedere, non ne mancherebbero i presupposti: “legal bay” sembra un modo elegante per dare dell'”illegal” a The Pirate Bay in un momento in cui, peraltro, non esiste alcuna ragione per ritenere senz’altro illegittima l’attività svolta nella vecchia Baia dei Pirati.
Ad un tempo sembra fuor di dubbio che il claim “legal bay” sia nato con il dichiarato intento di agganciarsi e sfruttare la notorietà della più famosa e più antica Pirate Bay.
Sin qui per sorridere. Passiamo ora alle cose serie.
La SIAE, come è noto, agisce in un regime di anacronistico monopolio nel mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore.
Si tratta di un monopolio del quale, peraltro, negli ultimi anni, si è con insistenza e da più parti proposta e richiesta l’abolizione allo scopo di restituire nuova linfa vitale al mercato.
In tale contesto non può non destare allarme e preoccupazione la circostanza, annunciata nel comunicato stampa pubblicato nei giorni scorsi, secondo la quale SIAE avrebbe “elaborato un progetto denominato legal bay ” ed assunto l’iniziativa di coinvolgere e coordinare tutti i protagonisti del mercato della distribuzione dei contenuti audiovisivi.
I due mercati – quello dell’intermediazione dei diritti e quello della distribuzione dei contenuti audiovisivi – sono, infatti, innegabilmente connessi con la conseguenza che la SIAE attraverso il progetto “Legal Bay” si ritroverebbe nella condizione di avvantaggiarsi della propria posizione di monopolio nel mercato dell’intermediazione per acquisire una posizione dominante altresì nel mercato della distribuzione dei contenuti audiovisivi a mezzo internet.
Tale scenario sarebbe difficilmente compatibile con la disciplina antitrust europea e nazionale e costituirebbe quasi un caso di scuola di abuso di posizione dominante o, meglio ancora, di abuso di monopolio.
Non ci si può dimenticare, d’altra parte, che ormai la SIAE è, a tutti gli effetti, un ente pubblico economico soggetto, come tale, senza deroghe né eccezioni, alle regole del mercato.
In questa prospettiva e sotto la lente dell’antitrust, pertanto, il progetto by SIAE potrebbe esser ribattezzato: (IL)Legal Bay .
Si tratta, a mio avviso – mi perdoneranno i comandanti e i marinai della “baia legale” – di una prospettiva comunque non auspicabile e in evidente contrasto con le tendenze di mercato che vanno diffondendosi nel settore dell’audiovisivo in direzione di una progressiva diversificazione dei modelli di business e disintermediazione nella distribuzione della cultura digitale. Modelli di business di Stato o piuttosto piattaforme nazionali di distribuzione dei contenuti digitali, forse, consentirebbero alla SIAE di sopravvivere alla rivoluzione digitale e telematica in atto ma condannerebbero l’industria audiovisiva nazionale a cedere il passo – in Rete e, quindi, sull’unica piazza destinata a restare nel tempo – alla creatività ed all’estro dei distributori di contenuti digitali operanti nel resto del mondo che resterebbero – loro sì – liberi di studiare, elaborare, progettare e implementare ogni giorno nuovi modelli di business e sistemi di distribuzione.
Curioso che mentre in tutto il mondo si parla di liberalizzazione dei mercati tradizionalmente più regolamentati, in Italia si prenda in considerazione l’idea di regolamentare uno dei mercati, per definizione, più liberi ovvero quello dei contenuti audiovisivi in Rete.
Guai, d’altro canto, a dimenticare che l’idea viene da un soggetto che pur essendosi ormai ritrovato da anni a confrontarsi con il mercato dei contenuti digitali è riuscito – ma non è detto che ciò sia un merito – a rimanere fermo ad un approccio che appartiene al medioevo del mondo dei media. Un sistema che appare fatto di pecette adesive da 11 milioni di euro l’anno, di schemi di ripartizione dei diritti forfettari che fanno sì che oltre il 60 per cento degli iscritti percepisca meno di quanto versa all’ente e di un fatturato rappresentato in maniera significativa dalla raccolta di quell’equo compenso da copia privata che vale 70 milioni di euro l’anno e che sembrerebbe avere sempre di più il sapore di una tassa e sempre meno quello di un indennizzo per il legittimo utilizzo di altrui diritti come il legislatore europeo avrebbe voluto.
Ma passiamo avanti.
Il comunicato stampa contiene un sibillino riferimento al Comitato tecnico contro la Pirateria Digitale e Multimediale costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che viene così risuscitato dallo stato di ibernazione nel quale sembrava precipitato dopo che il suo coordinatore – Prof. Mauro Masi – è stato chiamato a sedere sulla poltrona di direttore generale della RAI senza, tuttavia, privarlo – rectius privandolo per qualche settimana – del privilegio di continuare a presiedere il Comitato. Un’istituzione fantasma che avrebbe dovuto concludere i propri lavori lo scorso 14 aprile e che, sin qui, sembra invece, essersi limitato a due pomeriggi di audizioni.
Cosa c’entra il comitato antipirateria con il nuovo progetto “Legal Bay”? Che bisogno ha la SIAE di rivendicare la propria partecipazione a tale comitato per ergersi a coordinatore del nuovo sfavillante progetto “Legal Bay”?
Difficile trovare una risposta per tali domande salvo a non voler ipotizzare che “Legal Bay”, nelle idee di chi siede nella stanza dei bottoni di via della Letteratura, non sia destinato a divenire parte della soluzione che il Comitato antipirateria, dopo la pausa estiva, presenterà al Governo quale rimedio ai problemi per i quali è stato istituito: arginare quel danno da oltre 2 miliardi di euro all’anno annunciato con voce grave e solenne.
Sarebbe un epilogo davvero curioso e che farebbe poco onore ai suoi protagonisti.
Per questa strada, infatti, si sarebbe di fatto messo in scena – parola per parola e gesto per gesto – il contenuto del DDL c.d. SIAE che nel lontano gennaio del 2009 si era misteriosamente materializzato sul tavolo del Comitato antipirateria spedito, si disse, dalla SIAE. Paternità poi disconosciuta e ricondotta all’onorevole Barbareschi.
L’art. 2 di quel disegno di legge era intitolato proprio “Costituzione di piattaforme telematiche” e stabiliva che “Lo Stato incentiva la realizzazione di piattaforme telematiche per l’immissione e la fruizione legittime e gratuite di opere dell’ingegno. I prestatori di servizi della società dell’informazione che realizzano le dette piattaforme telematiche compensano i detentori dei diritti relativi alle opere dell’ingegno diffuse per il loro tramite, attraverso introiti pubblicitari e di sponsorizzazione realizzati mediante le piattaforme stesse”.
A ben vedere nella disposizione c’è, in nuce, il progetto Legal Bay: una o più piattaforme nazionali per la distribuzione dei contenuti audiovisivi realizzate direttamente dagli “operatori telefonici”. Esattamente ciò di cui si parla nel comunicato stampa SIAE dei giorni scorsi.
Quel disegno di legge forse non era stato scritto in viale della Letteratura ma, certamente, il suo contenuto era condiviso del palazzo SIAE.
Come canta Venditti in una sua famosa canzone: “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano…”.
Guido Scorza
www.guidoscorza.it