Ad un primo sguardo, l’innovazione tecnologica pare un fatto straordinario. Dozzine di trasmissioni televisive, le stesse che ricordano che non dobbiamo scaricare MP3 e video da servizi come eMule (perché sennò la Gerini non può pagare il mutuo di casa ), cantano le magnifiche e progressive sorti del futuro digitale. I consumatori sono al centro dei pensieri dei product manager dell’elettronica di consumo mondiale: gente che lavora giorno e notte per creare prodotti sempre migliori, a costi sempre più abbordabili. A pensarci viene voglia di impugnare la revolving e appoggiarci sopra qualche altro migliaio di euro di debito. Eppure il trucco c’è.
L’epopea di HDCP è uno dei tanti episodi degli ultimi anni che mostra quanto l’evoluzione tecnologica sia ormai drogata da interessi di parte. Processori sempre più potenti, schede grafiche di ultimissima generazione, monitor e TV HD, mentre forniscono incrementi di prestazioni sempre più marginali, portano in seno pesanti limitazioni alla fruizione di opere protette. In barba alle tutele legali vigenti, le quali peraltro van cambiando sotto la pressione delle ben note lobby di settore.
Nella fattispecie, HDCP è un DRM inventato da Intel per crittografare i contenuti digitali lungo il percorso che li porta dal player fino all’output video. La compatibilità di tutte le periferiche coinvolte nella riproduzione, decodifica e visualizzazione del contenuto con lo standard è un prerequisito essenziale per la visualizzazione a piena risoluzione. Se a un solo elemento manca la certificazione HDCP, il contenuto viene riprodotto a risoluzione inferiore, vanificando i benefici visuali di Blu Ray e HD-DVD.
Come molti standard nella storia del mondo A/V, HDCP ha rischiato di essere un fiasco micidiale: alla data di febbraio 2006, ossia a un paio d’anni dalla comparsa dei primi prodotti “compliant”, un’ indagine di FiringSquad scoprì che nessuna scheda video allora sul mercato supportava HDCP. Chiunque avesse speso allora cifre molto cospicue per l’acquisto di soluzioni grafiche hi-end, o chi oggi acquistasse prodotti non di ultimissima generazione, con ottime probabilità dovrebbe rimettere mano al portafoglio quando decidesse di acquistare un lettore BD o HD-DVD. Windows Vista, manco a dirlo, supporta nativamente HDCP e a sua volta impedirà la visualizzazione di contenuti in alta definizione a tutti i dispositivi incompatibili (per esempio, tutti i monitor e proiettori con ingresso VGA, a meno di non ricorrere a costosi adattatori).
Il dispositivo software di cui si serve HDCP per proteggere i contenuti è il cosiddetto ICT (Image Constraint Token), un flag attivato dallo stesso contenuto (per esempio, un film su Blu Ray), che “richiama all’ordine” le periferiche coinvolte nella riproduzione, decodifica e visualizzazione controllandone la compatibilità con HDCP. In poche parole se una sola periferica fallisce il test, il legittimo proprietario di un film in alta definizione potrà vederlo a risoluzione artificialmente abbassata, grazie al lavoro dell’infaticabile succursale delle major hollywoodiane che si è messo in casa acquistando prodotti “HDCP compliant”.
Bontà loro, il flag ICT non è ancora attivo su molti contenuti in alta definizione: siamo nella fase del grande cazzeggio promozionale, quando molti ancora si domandano a che serva l’alta definizione e i produttori hanno magazzini pieni da svuotare. Un bel giorno, quando il mercato sarà pronto, con un clic ICT sarà attivato su tutti i film prodotti da quel momento in poi. La centrale di controllo remoto impiantata a casa nostra ci risputerà in faccia il film appena scartato, mostrandoci un coupon di sconto per l’ipermercato di zona. E magari ai primi cento le major offriranno anche il taxi per andarsi a comprare la TV nuova.
Alessio Di Domizio
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