Fumante e bruciacchiato dai fiammeggianti commenti per il mio precedente Rasoio , mi appresto con entusiasmo a “rasoiare” un progetto di nobilissimi intenti: OLPC. Il prodotto in sé, come suggerisce un famoso analista americano, appare interessante, nel senso che dal punto di vista tecnologico e di design ha superato molti dei limiti che contraddistinguevano i primi mock-up: la sua funzionalità appare adeguata e anche l’aspetto esteriore ormai è maturo.
Sono inoltre nobili gli sforzi del MIT di inserire OLPC all’interno di un progetto di formazione, così come lo sono quelli di farne un nuovo metodo ( non del tutto convincente per alcuni) per la riduzione del digital divide anche dove mancano le infrastrutture di base.
Non intendo tuttavia affrontare il problema dal lato logistico (approvvigionamenti, assistenza tecnica, altre priorità dei paesi destinatari etc.), né dal punto di vista del costo nudo e crudo – che da solo indica una certa aristocratica “ingenuità” del progetto, in quanto 150 dollari non sono pochi per molti italiani, figuriamoci per governi i cui cittadini li guadagnano in media in un mese – ma da quello per così dire filosofico, tentando di ribadire una, d’altronde fin troppo ovvia, strada alternativa.
Il (santo) patrono del progetto, Nicholas Negroponte , ha predetto che OLPC sarà il notebook più venduto del 2007. Ha risposto a chi ha criticato la fattibilità del progetto sostenendo che “criticare OLPC è come criticare la chiesa”. In tempi di DICO e leggi “immorali”, qualcosa non mi torna. Vanno in effetti sviluppandosi notevoli aderenze fra il modo in cui Negroponte affronta il problema dei paesi in via di sviluppo e il normale percorso di sviluppo e lancio di nuovi prodotti sul mercato.
Non pretendo di sorprendere nessuno quando dico che OLPC va nascendo con una logica molto simile a quella di qualunque nuovo gadget elettronico. Sono anzi palesi gli sforzi del comitato promotore di OLPC per spingere il prodotto, con un occhio alla solidarietà, anche nel mercato occidentale, che di certo ha maturato più dei mercati emergenti sensibilità verso il suo design pratico e raffinato.
Una interessante analisi di Merril Lynch inquadra poi OLPC nel generale trend di abbassamento del costo dei gadget elettronici, unico modo per sostenere la crescita del mercato elettronico attraverso, per l’appunto, l’aggressione di mercati emergenti. E in questo particolare merito lo ritiene un progetto sostenuto da un business plan debole.
Non voglio comunque mettere in questione il fatto che OLPC sia: 1) un prodotto interessante; 2) un approccio innovativo al problema del digital divide nei paesi in via di sviluppo. Non intendo nemmeno contestare che, dal punto di vista del business “all’occidentale”, la strada percorsa da Negroponte sia piuttosto innovativa.
Dal punto di vista di uomo qualunque però, una soluzione molto meno dispendiosa, anche se meno “business oriented”, avrebbe potuto approcciare il problema del digital divide nei paesi in via di sviluppo, dirigendo gli investimenti verso la soluzione dei problemi energetici e di rete attraverso fonti alternative e spingendo su quei mercati i molti PC pienamente funzionali che i frenetici cicli di evoluzione occidentali portano all’obsolescenza.
Un occhio un po’ più lungo sul problema avrebbe probabilmente individuato una fonte di finanziamento di queste iniziative (che peraltro iniziano a guadagnare popolarità anche in questa parte del mondo) nelle efficienze sul bilancio ecologico dell’ e-waste , oggi in super-rosso. Ma non è questo il problema che OLPC si propone di risolvere, e a pensarci bene non è nemmeno quello dei paesi in via di sviluppo.
OLPC è un approccio di business innovativo per acquisire i mercati emergenti. Magari fra qualche anno, quando milioni di OLPC di prima generazione contribuiranno ad aggravare il problema dell’e-waste, saranno pronti anche gli iPod a pedali da 15 euro e gli Zune alimentati con sterco di gnu.
In definitiva, come quella che si infervora contro le leggi “immorali”, anche quella di Negroponte è una chiesa, ma dietro ai suoi intenti umanitari maschera un progetto di business progettato per fare contento il reparto contabile. Oltretutto l’esportabilità di questo approccio fuori dall’occidente è ancora tutta da dimostrare.
Sarà bene tenerlo presente quando s’inizierà a vedere il merchandising di OLPC fianco a fianco con quello dei frati missionari di Sant’Antonio.
Alessio Di Domizio
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