Cala il silenzio in sala, si spegne il brusio nell’aula magna dell’auditorium della facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre. Uno squadrone di ragazzi in maglietta nera attende di conoscere il verdetto, di apprendere le decisioni della giuria: la tensione è palpabile, ma lo spirito è quello del motto impresso sulla t-shirt, If at first you don’t succeed, call it version 1.0 . Si sono chiuse ieri le finali italiane della categoria Software Design di Microsoft Imagine Cup , dedicata per questa edizione alle tecnologie a favore di ambiente e sviluppo sostenibile. Dei 5mila universitari italiani che hanno partecipato al concorso, ieri rimanevano 10 team. Il primo classificato si contenderà visibilità, gloria imperitura e 15mila euro a Parigi: dal 3 all’8 luglio gli studenti sfideranno a suon di stringhe di codice i primi classificati di ogni paese in gara, fra i 130mila partecipanti. Una competizione globale che ha già visto l’Italia protagonista, nel 2006.
La tensione si scioglie. Terzo team classificato: WDWell , composto da Fabrizio Lapiello, Alfonso Letizia, Giuseppe La Starza e Roberto Falso, dalla facoltà di Ingegneria Informatica dell’ Università Federico II di Napoli. Boati, applausi, in platea. Il progetto DoMus , una combinazione di tecnologie per l’energia pulita e di strumenti per la gestione automatica degli assorbimenti energetici di ambienti domestici ha colpito la giuria.
Ma il fragore non si placa: il secondo team classificato è Niveland , composto da Alessandro Cartura, Simone Santoro e Fabio Ritrovato, portabandiera del Politecnico di Torino . L’obiettivo del loro progetto? Sviluppare un mercato e una community per l’eco-turismo: hanno imbracciato strumenti come Virtual Earth e Windows Live ID per creare uno spazio visuale e testuale nel quale eco-turisti e aspiranti tali possano condividere le proprie esperienze e studiare nuovi tracciati da percorrere.
Le selezione è stata ardua per la giuria Microsoft: i progetti in gara, molti dei quali sviluppati a partire da linee guida, suggerimenti ed esigenze espressi da FederParchi , si sono dimostrati tutti validi. Da quelli dedicati al miglioramento della vivibilità degli spazi urbani come Bus On The Net , con cui l’ Università di Catania mira ad incoraggiare l’uso dei mezzi pubblici migliorando i servizi per il cittadino, a quelli, come e-Hostess o Eracle , rispettivamente dei ragazzi dell’Università di Pisa e di Milano Bicocca , per programmare viaggi ottimizzando le risorse e avvendosi di mezzi pubblici e car sharing. Ma l’immaginazione e la capacità dei partecipanti di immergersi nella realtà e di comprenderne i problemi hanno dato vita anche a progetti come Green Island , delle Università di Bologna e di Firenze , volto a incoraggiare il riciclaggio tingendolo di toanlità ludiche e consentendo all’utente di riscontrarne i benefici, come Zig Tree del team di Milano Bicocca, una rete di sensori utile a monitorare le aree boschive, o come WildLife , che consegna nelle mani di turisti e guardie forestali uno strumento per segnalare emergenze e per osservare gli animali nel loro habitat.
Colpisce anche GeoFeed del team Think Green dell’Università Federico II di Napoli: hanno realizzato un applicativo che consente di individuare su una mappa la correlazione tra fattori ambientali, quali la presenza di sedi di smaltimento illegale di rifiuti o la presenza di parchi e aree verdi, e le malattie croniche degenerative.
Ma è attorno al team primo classificato che si assiepano tutti i partecipanti: tutti si profondono in complimenti e incoraggiamenti per il team Shining Bits , dell’ Università degli Studi di Udine . Andrea Calligaris, Mauro De Biasio, Denis Roman Fulin e Marco Petrucco hanno raccontato a Punto Informatico il progetto Vision – The Environmental Sensibilizer , un progetto che mira a scatenare in maniera virale la sensibilità per l’ambiente proiettando la fantasia, le idee e le esigenze dei cittadini in un ambiente ludico , tridimensionale e esplorabile.
Vision scaturisce dalle passioni dei ragazzi per i videogiochi e dall’esperienza racimolata negli anni scorsi nel contest Imagine Cup. Marco, veterano della competizione nonché evangelista Microsoft nella propria università, ha spiegato che il progetto, maturato in mesi di brainstorming, ha preso corpo in due settimane. Si tratta di un’applicazione capace di ricreare in un mondo 3D sulla base di quanto dei netizen scrivono in forum, chat, blog. La community costruisce a parole il mondo che vorrebbe, colora ambienti urbani con aree verdi, corsi d’acqua, parchi giochi: Vision esegue il parsing del testo prodotto dalle conversazioni degli utenti attraverso il Content Composer , individua gli elementi ricorrenti, calcola il peso delle occorrenze dei termini usati dagli utenti basandosi su tecnologie per l’analisi semantica, fra le quali implementeranno anche tool gratuiti e open. “Perché duplicare gli sforzi – si chiede Marco – soprattutto in un ambito complesso come l’analisi semantica, a cui stanno lavorando in tanti?”
È il Content Processor a tradurre il tutto in un mondo di pixel che si popola di elementi grafici sulla base dell’interpretazione dei testi. Ed ecco che un thread di un forum si trasforma in un parco , il quartiere abitato dagli utenti nella realtà e descritto in una sessione di instant messaging diviene un’area costellata di aiuole e di piste ciclabili, a seconda delle loro richieste. Gli elementi che arricchiscono lo scenario possono essere depositati sul server dedicato oppure risiedere sul web. Penserà il Content Processor a rendere utilizzabili come texture gli elementi attinti dalla rete.
Vision è per ora un’applicazione client server, potrebbe però divenire un servizio da integrare nel browser, magari a favore di Comuni che intendano ridisegnare delle aree urbane con l’aiuto e i suggerimenti dei cittadini. Cittadini che, in attesa che le istituzioni concretizzino la scena 3D, possono intrattenersi nell’area che hanno contribuito a disegnare a parole: tramutati in avatar possono intrattenersi in chiacchierate via instant messaging all’ombra della quercia sintetica che hanno piantato nel quartiere semplicemente esprimendo il proprio parere in un forum.
Il momento più critico? “È stato trovare l’idea” spiega Marco a Punto Informatico , accennando ai mesi di scervellamento per far emergere un concept originale e valido che coniugasse networking e tematiche ambientali. Poi tutto è filato liscio. Il team aveva preso confidenza con gli strumenti in occasione delle precedenti edizioni di Imagine Cup alle quali hanno partecipato: Marco parla di colleghi che dicono di aver imparato in un mese l’equivalente di quanto si impara in un anno di università. L’università, chiosa Marco, offre una solida formazione teorica, ma sono stimoli come Imagine Cup a incoraggiare gli studenti a mettere le mani sul codice.
Il loro progetto, i progetti presentati nel concorso, sono ora sotto gli occhi di tutti, anche dei potenziali investitori: Imagine Cup è un riflettore puntato sulle loro capacità, è un’occasione per mostrare al mondo delle imprese cosa si è capaci di fare. “Le idee, i progetti restano dei ragazzi, i diritti ed eventuali guadagni sono loro”, assicura a Punto Informatico Emanuele Arpini, dirigente Microsoft Italia che si occupa di gestire le relazioni con le università. Il capitale umano e le idee sono ora a disposizione delle aziende che decidano di alimentarli: ai ragazzi spetta solo mettersi in gioco.
A cura di Gaia Bottà