Quella che per molti sarà soltanto una piccola macchia di colore, per gli scienziati rappresenta l’inizio di una nuova era: per la prima volta un buco nero è stato fotografato, svelando in modo tangibile tanto l’esistenza stessa del buco nero, quanto la sua composizione. C’era grande attesa per questo momento ed il risultato è stato eclatante.
È la prima prova visiva diretta di un buco nero e della sua ombra. Si tratta dell’immagine dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio (INFN)
Il buco nero M87 è stato fotografato
Questa immagine rappresenta anzitutto un punto di arrivo, la dimostrazione ultima (se ancora ve ne fosse bisogno) dell’esistenza dei buchi neri e delle loro caratteristiche principali. Fin qui la Fisica li aveva previsti e descritti, ne aveva anche dimostrata l’esistenza, ma solo ora è possibile vederli ed aprire all’uomo un nuovo immaginario. Da qui in poi inizia una nuova strada, poiché il metodo adoperato per fotografare il buco nero della galassia M87 è il valore vero aggiunto oggi alla scienza: d’ora innanzi si potranno aggiungere altre osservazioni, altri dati e quindi ulteriore conoscenza su quello che è uno dei misteri più affascinanti dell’infinitesimamente grande.
Il buco nero Messier 87 (da “Charles Messier”) ha una massa stimata in 6,5 miliardi di volte il Sole ed è a 55 milioni di anni luce dalla Terra. Cifre che in larga misura sfuggono alla comprensione dell’uomo, ma non alla conoscenza: l’osservazione del buco nero attraverso l’Event Horizon Telescope apre una nuova frontiera e porterà giocoforza a nuove congetture sull’origine – e il destino – dei buchi neri.
Un buco nero attira a sé tutto quel che lo circonda, costringendo le masse circostanti a collassare verso la Singularity che si trova al centro del buco stesso. Il fatto che sia “nero” è perché anche la luce non riesce a sfuggire dalla fortissima attrazione che viene a crearsi e ciò genera un vuoto che si cela alla vista. I dati che giungono dall’osservatorio consentiranno di misurare le proporzioni del buco nero per capirne di più in merito, confermando le tesi esistenti o aggiungendo nuovi tasselli alle previsioni che furono – tra gli altri – di Albert Einstein.
Il nome del progetto prende corpo proprio dalla natura del buco nero: quello che viene definito come “orizzonte degli eventi” è il punto dello spazio-tempo nel quale la luce non sfugge più alla forza centripeta, celando alla vista quanto accade all’interno. Là dove non arriva l’occhio, arrivano le teorie: poter osservare il limite estremo significa però avere informazioni estremamente preziose, misurazioni precise e tutta una serie di indicazioni basilari per poter proseguire con la ricerca.
Sheperd S. Doeleman, direttore del progetto EHT presso il Centro di Astrofisica di Harward, rende merito ai 200 ricercatori che hanno collaborato a questo storico traguardo.
Abbiamo raggiunto un risultato che, una generazione fa, si presumeva non sarebbe mai stato possibile
Il tutto è stato possibile facendo interagire otto telescopi sparsi per il mondo, sincronizzati con metodi estremamente sofisticati e tali da raggiungere una capacità che il team così descrive: “è potente abbastanza da poter leggere un giornale a New York da un bar a Parigi”.
Per “catturare” l’immagine, la collaborazione EHT ha impiegato la tecnica dell’interferometria radio a lunga distanza (VLBI very-long baseline interferometry), che osserva a una lunghezza d’onda di 1,3 mm, corrispondente a una frequenza di circa 230 GHz. Questo ha consentito di ricostruire le immagini in scala dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio, lontano 55 milioni di anni luce dalla Terra, al centro della galassia ellittica Messier 87, una galassia massiccia che si trova nel vicino ammasso di galassie della Vergine. La sorgente radio compatta centrale è stata risolta come un anello di emissione luminoso asimmetrico, di forma quasi circolare e che racchiude una regione centrale oscura, l’ombra del buco nero, appunto. L’anello di emissione, il cui diametro e ampiezza sono rimasti stabili nel corso di quattro indipendenti osservazioni condotte in giorni diversi, è stato ricostruito utilizzando differenti schemi di calibrazione e di imaging. L’asimmetria nella luminosità dell’anello può essere spiegata in termini di radiazione relativistica dell’emissione di un plasma che ruota quasi alla velocità della luce attorno al buco nero.