Una delle critiche mosse al sistema Immuni fin dalla prima ora è stato relativo alla possibilità che potesse produrre un alto numero di falsi positivi, “costringendo” all’isolamento domiciliare troppe persone e diventando quindi un possibile ostacolo alla normale operatività del personale sanitario. Sia chiaro: è questo un teorema da tenere bene in considerazione, perché se Immuni diventasse un ostacolo invece che un aiuto, allora sarebbe il caso di rimodulare il progetto in quella che è ormai definita come una “fase critica” della pandemia in Italia. Ma ci sono almeno due elementi che smentiscono questa accusa al sistema Immuni.
La prima è relativa al progetto stesso dell’app di contact tracing; la seconda è di tipo statistico.
Immuni è un supporto
La prima riflessione è relativa al fatto che l’Istituto Superiore di Sanità nel proprio report di inizio progetto descriveva le app di contact tracing spiegando che “possono facilitare l’individuazione delle persone che sono state esposte ai casi ma non sostituiscono il contact tracing tradizionale“. Non lo sostituiscono, in nessun caso: sono semplicemente un supporto, utile al reperimento di alcune informazioni particolarmente complesse da rintracciare (quando il contagiato non è in grado di riferire i propri spostamenti, o quando il tracciamento non è possibile, ad esempio sui mezzi pubblici). Sarà sempre e comunque il personale sanitario a giudicare le varie casistiche, quindi non è sufficiente una notifica per far scattare tamponi a tappeto o isolamenti automatici.
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Insomma, non occorre caricare Immuni di aspettative che nessuno ha mai riposto nel progetto: era e deve restare un semplice supporto per le autorità sanitarie. Immuni non fa diagnosi: segnala esclusivamente contatti di rischio potenziale, che il personale medico potrà valutare se la cosa possa tornare utile. Caricare Immuni di responsabilità è il modo migliore per depotenziarne l’efficacia avvertita, soprattutto in un contesto di fiducia già ampiamente minato alla base.
Falsi positivi
In una recente intervista, il virologo Andrea Crisanti (da sempre convinto assertore della politica del contact tracing come essenziale strumento di prevenzione) ha affermato quanto segue:
Con oltre settemila nuovi casi di positività dovremmo rintracciare e mettere in isolamento domiciliare 140 mila persone. Invece leggo che nelle ultime 24 ore ne sono finite in quarantena appena 1.300. Vuol dire che il 95% di quelle persone potenzialmente infette circola liberamente per il Paese. È la Caporetto della prima linea difensiva.
Secondo Crisanti, insomma, per ogni persona risultata positiva occorrerebbe mettere in quarantena qualcosa come 20 persone: una media evidentemente calcolata sulle esperienze del passato. I dati di Immuni sembrano suggerire qualcosa di molto simile: secondo gli ultimi dati comunicati, infatti, l’app sta mantenendo un rapporto pressoché costante tra numero di segnalazioni di positività e numero di notifiche inviate. Questo numero corrisponde a circa 17,5, oscillando nell’ultima settimana tra 17,4 e 17,7 con un trend ormai sufficientemente consolidato.
Immuni, insomma, per ogni persona segnala circa 17 persone a rischio. Considerando che di queste molte possono essere nella stretta cerchia familiare, e altre sarebbero probabilmente derubricate dal personale sanitario come situazioni a basso rischio, va da sé che il numero sembra essere pienamente compatibile con quanto asserito da Crisanti, ossia che per ogni positivo vanno isolate 20 persone.
Il contact tracing crea giocoforza falsi positivi: è nella natura di uno strumento pensato per eccedere e per isolare cautelativamente al fine di evitare il diffondersi del contagio. Immuni opera all’interno di questa casistica ponendosi da supporto, ma senza pesare eccessivamente sulle autorità sanitarie (dalle quali sono infatti giunte lamentele e segnalazioni di vario tipo, ma nessuna che avesse a che fare con un numero eccessivo di falsi positivi).
E se fosse già tardi?
Il problema va derubricato, insomma? No, tutt’altro: va tenuto in stretta considerazione. Crisanti, infatti, vede il contact tracing come un’arma di “prima linea”. Con l’aumentare dei casi e con la dimostrata incapacità delle autorità regionali di provvedere ad un numero crescente di tamponi, il sistema complessivo tende a perdere di efficacia. E Immuni, che va in parallelo a tutto ciò, rischia di finire nel medesimo pantano.
Scaricare Immuni era e resta un aiuto alle autorità. Ma andava fatto prima, doveva essere l’arma che avrebbe ampliato l’orizzonte del contact tracing e avrebbe limitato l’insorgere della seconda ondata. Non è mai troppo tardi e da più parti si dice che siamo ancora in tempo ad invertire la rotta. Ma si deve agire subito e con sufficiente incisività. Le chiusure saranno necessarie, anche in conseguenza di un contact tracing troppo debole proprio in quelle fasi in cui avrebbe potuto meglio garantire una stretta decisiva per le possibilità del virus di divampare di nuovo. I buoi ora son nuovamente scappati: bisognerà correre, ma rintracciarli resta fondamentale.