Attorno alla questione Immuni si è venuta a creare una strana storia negli ultimi giorni, attorno a cui si sono addensati una volta di più apocalittici e integrati di quella che più di una semplice app è una vera e propria sponda divisiva sul tema Covid. C’è chi esalta Immuni e chi la demonizza, ma entrambe le sponde non sono probabilmente utili ad un discorso costruttivo sui cui binari dovrebbe rimanere l’app in attesa della sfida autunnale. C’è da lavorarci su? Sicuramente. C’è da buttare via tutto? Assolutamente no. Abbiamo fatto scelte sbagliate rispetto alle altre realtà internazionali? Non si direbbe. Ma poi arriva la “prigioniera di Bari” e le carte risultano di nuovo scompaginate.
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Ammettiamo un certo disagio nell’analizzare un testo che sembra avere qualche inesattezza di troppo. E se di inesattezze non si tratta, allora c’è proprio una questione di fondo da chiarire. La protagonista della vicenda, infatti, rivela in sostanza che:
- ha ricevuto notifica di contatto a rischio da Immuni sebbene di contatti non ne abbia avuti (né ci siano state positività nella sua regione da vari giorni)
- è stata costretta alla quarantena dall’ASL nonostante stesse bene
Immuni e quella storia un po’ così
Eviteremo di commentare i weekend perduti ed i toni accesi dell’articolo, poiché entrambi sono ben poco opportuni di fronte ad una pandemia (gulp), quindi sulla forma è meglio soprassedere. Nella sostanza, però, qualcosa non torna:
- la signora sostiene che non ci siano stati casi di positività nella sua regione e che pertanto la segnalazione debba per forza essere fasulla. Su questo l’affermazione è ben poco credibile e, anzi, paradossalmente in grado di confermare la bontà potenziale di Immuni poiché la signora potrebbe essere stata a contatto con una persona toscana (tanto per fare un esempio) che ha passato il weekend in Puglia e che al ritorno è risultata positiva. Nessuno avrebbe mai potuto risalire al contatto in oggetto se non tramite uno strumento di contact tracing, il che dovrebbe esaltare il ruolo di Immuni invece di demonizzarlo;
- la signora afferma di aver contattato l’ASL, tuttavia l’app consiglia di contattare le autorità sanitarie soltanto in caso di sintomi, dunque delle due l’una: o la signora ha sintomi (e quindi avrebbe fatto bene ad autoisolarsi a prescindere, rinunciando al weekend per tutelare la collettività), o la signora non ha sintomi (e quindi avrebbe fatto bene a non contattare ancora l’ASL, ma soltanto a igienizzarsi e seguire le precauzioni suggerite);
- l’articolo racconta della giornata passata al mare dalla signora, per poi spiegare che, a detta della signora, “la app segnala i potenziali contatti a rischio coi quali si è stati a distanza ravvicinata per 15 minuti nelle 24 ore precedenti all’invio dell’allerta”. Ma questo non è vero. Immuni segnala infatti contatti a rischio avvenuti fino a 14 giorni prima, sulla base della notifica di positività ricevuta dal paziente ed alle sue indicazioni circa l’emersione dei sintomi. Insomma: la signora racconta un aneddoto inutile ai fini della comprensione della storia, perché il contatto avrebbe potuto invece tranquillamente essere avvenuto una settimana prima, altrove, con altri, in tutt’altro contesto;
- l’ASL ha imposto la quarantena? Occorrerebbe capire perché e in che modo, perché solo così si potrebbe capire se si tratta di un errore del protocollo, dei responsabili o semmai del dialogo tra le parti: se la signora ad esempio ha manifestato qualche sintomo, allora con ogni probabilità l’ASL ha chiesto l’isolamento in attesa di capire come possa evolvere la situazione.
Qualcosa non torna, questo è chiaro. L’articolo racconta in modo estremamente impreciso una testimonianza tutta da verificare, condita da nozioni errate e giunge a conclusioni fuorvianti. Immuni avrà tutte le difficoltà che vuole per potersi imporre, non serve certo la disinformazione a minarne in percorso.