Il sospetto che l’intoppo di Immuni in Veneto sia stato originato da un malcelato boicottaggio, è un’idea che sarà difficile da cancellare nella testa di molti. Ma le polemiche successive hanno dimostrato come attorno a questa semplice app di contact tracing sia scoppiato un bubbone politico dai contorni molto ampi, dimostrando una volta di più quanta politica abbia circondato, fin dall’inizio, questo progetto. Le motivazioni sono varie e condite da una certa dose di casualità che ha fatto sì che Immuni diventasse vero e proprio baricentro degli scontri tra più fazioni, più visioni, più approcci.
Ma ciò che fa deflagrare con maggior potenza il caso veneto è il fatto che Immuni sia scoppiata proprio in mano al “doge” Zaia, a colui che meglio di altri aveva cavalcato la prima ondata salvando la regione da una pericolosissima ed improvvisa epidemia. Con il passare dei mesi l’epidemia è divenuta pandemia ed i meriti di Zaia sono stati ridimensionati/relativizzati, senza tuttavia intaccare l’aura di un governatore che ha dimostrato abbondante carisma, abbondante capacità comunicativa ed infine una efficiente leadership. Tutte doti fondamentali in mezzo a una tempesta, sia chiaro, ma oggi non è più blasfemo sostenere che il salvataggio del Veneto non sia tutta tutta farina del suo sacco.
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Della difesa della Regione abbiamo già riferito. Ora tocca ai detrattori, a quanti sostengono che la vicenda non possa chiudersi così facilmente. E ci sono altri casi “Veneto” in giro per l’Italia? Abbiamo rivolto alcune domande al team Immuni, restiamo in attesa di chiarimenti.
Attacco al doge
Oggi i detrattori di Zaia si fanno dunque avanti, proprio sulla scia dei fatti di Immuni, chiedendo in primis spiegazioni al Presidente della Regione Veneto e quindi la testa della sua diretta emissione sul campo, quella dottoressa Francesca Russo che Zaia ha voluto al posto di Andrea Crisanti. Crisanti e Zaia, due caratteri troppo forti e due personaggi troppo ingombranti per poter collaborare uno affianco all’altro (come forse il Veneto avrebbe meritato). Le frizioni tra politici e virologi hanno visto nel Veneto il luogo di massimo attrito, portando così a scelte che oggi fanno inevitabilmente discutere.
Secondo TrevisoToday la prima picconata al doge arriva dalla deputata PD Francesca Businarolo:
Non possiamo che giudicare irresponsabile la scelta di non attivare l’app in una delle regioni più gravemente colpite dal virus. Nessuno, in questo momento di particolare fragilità dell’economia come del sistema sanitario – rimarca la leonicena in una nota diramata ieri – può permettersi il lusso di una tale iniezione di sfiducia nei confronti delle istituzioni.
A seguire ecco l’ironia social (con tanto di 3927 condivisioni) di Natalino Balasso:
Ora, visto che Zaia l’avete votato voi, uno se ne potrebbe anche fregare, peccato che poi ci vadano di mezzo tutti gli altri. Che i veneti cadano dalle nuvole per il fatto che l’app Immuni in Veneto non ha mai funzionato, è ridicolo, la regione ha detto da subito che avrebbe fatto una sua app di tracciamento. Solo che poi non l’ha fatta. Va beh, succede a parlare prima delle elezioni. […] Questa dottoressa Russo che ha cannato tutto fin dall’inizio, che se non c’era San Crisanti, adesso a Vo’ Euganeo era come a Bergamo, evidentemente sconfigge i virus solo nei fumetti.
Francesca Russo si assume la responsabilità della scelta
La dirigente avrebbe infine attirato su di sé le responsabilità della scelta di non attivare Immuni: “è stata una mia scelta”, avrebbe detto tentando di allontanare le ipotesi di qualsivoglia input politico. Ma la risultante di queste dichiarazioni è duplice: da una parte la responsabilità si avvicina rapidamente a Zaia; dall’altra la responsabilità si riconduce direttamente alla Regione, scaricando ministero e team Immuni di ogni colpa. Insomma: il Veneto ha scelto in coscienza di non avviare il progetto Immuni, salvo ora iniziare di fronte all’evidenza di una mancanza che fa rumore.
L’attacco dell’opposizione giunge quindi direttamente sulla scrivania del governatore:
A questo punto o il governatore caccia via la Russo su due piedi oppure si dimette lui. Zaia la deve finire di cercare degli avatar, dei parafulmine, come accade nel caso della unità di progetto della Superstrada pedemontana veneta con l’ingegner Elisabetta Pellegrini, ogni volta che la narrazione di sua maestà si inceppa. Zaia certamente non è responsabile del quoziente intelligenza dei suoi dirigenti, ma è politicamente responsabile per quello che dicono.
Andrea Zanoni
Il giudizio (condito inevitabilmente di qualche sassolino fuoriuscito dalla scarpa) di Andrea Crisanti è al vetriolo: “pressapochismo, inefficienza e disprezzo della fiducia riposta nella scienza dagli italiani“. Ma insomma: perché il Veneto non ha attivato Immuni? “Perché sono degli incompetenti e perché nel Veneto il tracciamento non esiste. Di solito per ogni persona infetta ci sono tra i dieci e i quindici contatti, questo sarebbe il rapporto nel caso di un tracciamento efficiente al 100%. Posso assicurare che all’oggi siamo ad una efficienza del tracciamento del 5%. E questa è la ragione per cui il virus si diffonde“.
E pensare che secondo alcuni “è soltanto un’influenza“. E pensare che secondo altri “è soltanto un’app“.