Con il boom dell’intelligenza artificiale su scala globale è aumentato vertiginosamente il numero di studi che cerca di scoprire i lavori destinati a sparire, o di giustificare il progresso evidenziando l’incremento delle assunzioni in Italia – e non solo – nel settore tech per ruoli strettamente correlati alle IA e agli algoritmi. La preoccupazione di fondo, però, rimane: che impatto avranno le IA sul mondo del lavoro? Il dibattito prosegue da anni ma le risposte più importanti vanno ancora date e, forse, alla luce della continua evoluzione di tale tecnologia, non arriveranno fino a quando l’impatto non si farà davvero sentire.
Una tecnologia promettente, ma…
Ormai lo abbiamo compreso tutti, anche i detrattori delle IA: l’intelligenza artificiale può davvero rivoluzionare le nostre vite, mutando radicalmente il quotidiano sia negli ambienti privati che in quelli pubblici, dalle nostre case agli uffici, passando per fabbriche e negozi. ChatGPT con la sua esplosione ha rilanciato il settore, convincendo colossi come Microsoft, Google, Amazon e Meta a riallocare centinaia di milioni di dollari, oltre a risorse umane, al fine di sviluppare strumenti proprietari capaci di supportare i lavoratori in qualsiasi mansione, o di offrire intrattenimento alle persone più intrigate da questa tecnologia.
Il pubblico è già diviso a metà: da un lato si trovano i più tenaci sostenitori delle IA, della loro bontà, delle loro capacità e della loro utilità; dall’altro, la preoccupazione per il futuro dell’umanità è dominante, tra incertezze in merito alle effettive potenzialità dei sistemi più avanzati, e timori riguardanti la vita delle prossime generazioni. Gli esseri umani riusciranno ancora a dominare l’IA anche quando si troverà integrata in tutti i servizi utilizzati quotidianamente dalla popolazione?
Al contempo, però, entrambi i fronti si trovano quasi costretti ad ammettere che i vantaggi sono davvero allettanti: l’intelligenza artificiale può rendere più veloce e più efficiente l’esecuzione di calcoli statistici, stilare stime su vari mercati, o rendere più semplici e sicuri lavori manuali che possono portare a decessi nelle fabbriche. In breve, il percorso da seguire è già chiaro: l’intelligenza artificiale può accompagnare gli esseri umani in molteplici attività facilitando il loro completamento, incrementando la produttività e garantendo un benessere superiore.
Ciononostante, alcune aziende sembrano già guardare a una completa sostituzione dell’uomo.
…è pericolosa per l’uomo?
I primi segnali concreti sono già arrivati: negli ultimi giorni diverse realtà commerciali hanno licenziato parte della forza lavoro a causa della crisi economica globale, inserendo tuttavia tra le motivazioni anche la “possibile dotazione di sistemi IA avanzati”. Volete qualche esempio? A fine aprile 2023 Dropbox ha licenziato 500 dipendenti affermando che l’intelligenza artificiale richiede un “diverso mix di competenze” in vista di un’integrazione maggiore nei servizi offerti dalla piattaforma di file hosting.
O ancora, IBM ha rimosso 7.800 annunci di lavoro affermando che tali mansioni possono essere completate dalle IA o da altri sistemi automatizzati meno complessi. Tra le parole del CEO Arvind Krishna spiccano le seguenti:
“[nelle funzioni back-office] possiamo facilmente vedere il 30% [del personale umano] sostituito dall’intelligenza artificiale e dall’automazione in un periodo di cinque anni.”
Alla lista si è aggiunta recentemente Shopify, imponente realtà dell’e-commerce che ha licenziato il 20% dei dipendenti aggiungendo che “Shopify ha il privilegio di essere tra le aziende con le migliori possibilità di utilizzare l’IA per aiutare i clienti”.
È palese, pertanto, la volontà di certe società di sfruttare l’intelligenza artificiale ovunque risulti possibile. Non bisogna però cedere al panico dovuto ai licenziamenti, poiché i dati parlano chiaro: con lo svanire di mansioni più semplici, si aprono porte per compiti più difficili per i quali è necessario personale specializzato. Ergo, si creano nuovi posti di lavoro in tutto il mondo.
Per di più, la mancanza di empatia e di comprensione per l’esperienza umana da parte degli attuali sistemi IA li rende inutilizzabili in diversi settori, in quanto un rapporto puramente umano può determinare il successo o il fallimento di un business.
I limiti dell’IA ci proteggeranno
L’intelligenza artificiale denota quindi una serie di limiti, di blocchi “naturali”, che potranno essere superati esclusivamente con l’addestramento di nuovi modelli, per ora escluso anche dai colossi della tecnologia in quanto bisogna prima di tutto arrivare a un piano comune, allo stesso livello. Raggiunto uno status quo, sarà necessario discutere sull’eticità delle IA, sulle mura entro le quali potranno operare affinché gli esseri umani possano sentirsi protetti.
Secondo nuovi sondaggi in Italia il 34% delle aziende già dispone di un Chief AI Officer, mentre l’Unione Europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti continuano a lavorare su investimenti e progetti politici utili alla promozione della cooperazione e dello scambio di informazioni su iniziative legate alle IA. Solo in questo modo, con un dialogo continuo tra legislatori e sviluppatori, l’intelligenza artificiale potrà essere controllata in qualsiasi sua forma, tutelando datori di lavoro e lavoratori, impedendo un uso illecito o pericoloso per la specie umana.
La nascita di task force ad hoc a livello nazionale e internazionale è un primo passo verso tale direzione, ma potrebbe non essere sufficiente. Servono più tavole rotonde, più discussioni e un approccio cauto, verso l’integrazione delle capacità delle IA con l’intelligenza umana, evitando una competizione diretta. In questo modo, come prevedono analisti e istituzioni, nei prossimi anni avverrà una trasformazione del lavoro con la creazione di più posti rispetto a quelli persi. In poche parole, la “frase d’ordine” deve essere la seguente: integrazione, e non sostituzione.