Negli Stati Uniti continuano a fare notizia i licenziamenti causati dal consumo pornografico digitale sul posto di lavoro. Ieri il Washington Post si è concentrato sul caso di nove impiegati statali della capitale, che avrebbero cliccato nel 2007 non meno di 19 mila volte su siti porno di ogni genere.
L’indagine interna è partita il mese scorso, quando il CTO del Distretto di Columbia, Vivek Kundra, ha ricevuto una soffiata dall’interno dell’ Office of Property Management . È partito così un controllo che ha riguardato non meno di 10 mila computer, quasi il 30% del parco macchine governativo.
Grazie al software WebSense – installato qualche anno fa su tutti i PC – è stato possibile rilevare ogni comportamento illecito. E così nove impiegati sono stati licenziati in tronco ed altri 32, colpevoli di aver cliccato su siti porno più di 2mila volte, hanno ricevuto lettere di sospensione o di richiamo.
“Non è solo un comportamento sbagliato, ma assolutamente riprovevole”, ha sottolineato il sindaco Adrian M. Fenty. Ovviamente ognuna delle persone coinvolte avrà il diritto di ricorrere in appello: resta comunque il fatto che è stata compiuta un’infrazione alle norme interne. Regole che vengono prese molto seriamente, anche perché spesso bastano tre piccole violazioni – anche solo del dress code – per essere sbattuti fuori senza troppi problemi.
Insomma non si tratta dell’effetto collaterale di una campagna moralistica, come ad esempio quella che nel 2005 elettrizzò la Gran Bretagna , bensì del rispetto di norme approvate nel 1999 che ogni impiegato pubblico conosce bene.
Secondo i segugi governativi non vi sono stati accessi a contenuti pedopornografici, ma solo libere scorribande su siti mainstream . A breve comunque, una versione più tosta di WebSense bloccherà l’accesso a qualsiasi contenuto porno. Ovviamente, i grandi capi sperano che i 142 mila dollari spesi per l’adeguamento siano in grado di blindare i 30 mila PC della città: la speranza è quella di frenare un fenomeno che gli esperti indicano in crescita .
Vivek Kundra, per trasparenza, ha ribadito che i computer dei nove “erotomani” sono stati confiscati e solo dopo un’attenta analisi tecnica sono state confermate tutte le responsabilità dirette. Non si è trattato quindi di indagini sommarie, come avvenuto nel caso che qualche settimana fa ha investito la società Sunrise.
Dario d’Elia