Roma – “Un salto magnetico nel futuro”. Così il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha definito la XVI Conferenza Internazionale di Magnetismo, un evento promosso dal CNR su delega della Commissione di Magnetismo dell’Unione Internazionale di Fisica Pura e Applicata (IUPAP) in programma a Roma dal 27 luglio al primo agosto.
Durante la prima giornata di incontri, gli esperti intervenuti alla conferenza hanno delineato un panorama tecnologico fatto di dischi ultraveloci, ultradensi e ultracompatti in grado di immagazzinare una quantità di dati sinora impensabile.
“I nostri prototipi di laboratorio sono in grado di immagazzinare una densità di informazioni pari a 100 Gbyte per pollice quadro, equivalente a 4 ore di video digitale per pollice quadro”, ha spiegato Mark Kryder, vice president senior e direttore della Divisione Ricerca di Seagate Technology e autore di una relazione sul futuro della registrazione su supporti magnetici. “Stanno per essere sviluppate anche nuove tecnologie in grado di portarci al Terabit (1.000 miliardi di bit) per pollice quadro (1 Terabyte sul familiare floppy da 3,5 pollici), quali ad esempio la registrazione magnetica termicamente assistita, strutture regolari di nanoparticelle e nanomagneti autorganizzati?.
Punto Informatico aveva già parlato , lo scorso anno, della tecnologia HAMR (Heat Assisted Magnetic Recording) con cui Seagate intende raggiungere, entro 5-10 anni, una densità di memorizzazione di 50 Terabit per pollice quadro. Tanto per fare un esempio, gli hard disk oggi presenti sul mercato di massa raramente si spingono oltre i 100-150 Gbit per pollice quadro.
Nella battaglia “a chi ce l’ha più denso”, Segate non è però l’unica ad avere un asso nella manica: un po’ tutti i principali produttori di hard disk, fra cui IBM, Maxtor, Western Digital e Fujitsu, stanno lavorando a soluzioni tecnologiche che permettano loro di spingere sempre più in alto la densità di memorizzazione e fare in modo che gli hard disk restino il dispositivo di storage di massa per eccellenza.
“Le ricerche nel campo dell’immagazzinamento dell’informazione tramite mezzi magnetici risalgono alla metà degli anni ’50, quando IBM realizzò il primo disco rigido magnetico la cui capacità totale era di 5 Mbyte: per avere un’idea, si consideri che la dimensione media di un singolo file musicale nell’attuale formato compresso MP3 è pari a 4 Mbyte”, ha affermato Dino Fiorani , dirigente di ricerca dell?Istituto di Struttura della Materia del CNR e chairman della conferenza. “Da allora la tendenza a ridurre l’ingombro, il peso e il costo di tali dispositivi, nonché ad aumentarne la capacità di immagazzinamento e la velocità di elaborazione dei dati, è stata pressoché inarrestabile”.
Durante la conferenza è stato spiegato che il numero di bit per unità di area è aumentato più di 20 milioni di volte rispetto al primo hard disk e ogni anno la quantità di informazioni che viene prodotta ed immagazzinata magneticamente supera 1.600.000 Terabyte (1 Terabyte è pari a 1.000 Gbyte, ovvero 1.000 miliardi di byte): il CNR riporta che un singolo Terabyte d’informazioni in forma cartacea necessiterebbe, per essere stoccato, di un edificio 16 volte più alto dell’ Empire State Building .
La sfida informatica del nuovo millennio ? hanno sottolineato gli esperti riuniti dal CNR – sarà l’elaborazione quantistica, “con conseguenze inimmaginabili sulle potenzialità e velocità di calcolo e di comunicazione delle future generazioni”.