Bruxelles – Sta destando stupore ovunque la decisione di un tribunale belga di bloccare le attività di Google News per quanto riguarda la presentazione di titoli e link da molti siti web della stampa belga di lingua francese.
Google News, il servizio localizzato in molti diversi paesi e pensato per presentare agli utenti una rassegna automatica di link da molte testate, secondo gli editori belgi vampirizza i loro siti. Poco propensi a vedere i pregi della pubblicizzazione delle proprie pagine sul servizio di Google, molti editori hanno adito le vie legali.
Il 5 settembre è stata notificata a Google la sentenza che prevede una multa da un milione di euro per ogni giorno di ritardo nel rimuovere i link che puntano ai siti degli editori belgi denuncianti. Google ha già provveduto a farlo ma ora rischia multe di mezzo milione di euro al giorno perché sulle pagine google.be e news.google.be non ha ancora pubblicato l’intero dispositivo della sentenza, cosa che dovrà accadere per cinque giorni consecutivi.
Da segnalare che la stessa sentenza, come sottolinea TechDirt , sembra comprendere poco la natura di Google News, andando a confondere i sistemi di caching del motore con quelli di scanning dei siti per la cattura dei link e via dicendo. Di interesse infine che all’indomani della sentenza alcuni degli editori abbiano fatto sapere che in realtà volevano essere pagati per l’uso dei propri contenuti e non sospendere i propri link dal servizio stesso.
Quanto accaduto in Belgio non è una novità assoluta, viste le minacce legali cadute in passato su Google News per la sola presentazione di link . Quel che sorprende i blogger che commentano l’accaduto in queste ore è che vi siano editori incapaci di percepire i vantaggi dell’ambiente ipertestuale della rete.
Google in ogni caso ha già annunciato che ricorrerà in appello ricordando, peraltro, che “se un editore non vuole link in Google News basta che ce lo dica”. C’è anche chi sottolinea come per risolvere basterebbe che gli editori smanettassero sui loro file robots.txt per impedire la raccolta dei link da parte degli spider di Google, una eventualità che la sentenza non prende nemmeno in considerazione.