Impronte digitali, tratti del viso che possano identificare inequivocabilmente ogni cittadino israeliano: la proposta di legge che prevede l’istituzione di carte di identità biometriche e di un database nazionale di tutti i cittadini si sta facendo strada in parlamento.
La proposta, che ricorda da vicino quanto ventilato in Italia nei mesi scorsi, è stata sfornata dal governo israeliano lo scorso agosto, ora una commissione parlamentare ha dato una prima approvazione in vista del confronto con una commissione che dovrà accertarne la compatibilità con il dettato costituzionale. La proposta prevede l’introduzione di documenti nei quali siano incastonate le informazioni per ricostruire le impronte digitali del cittadino, e per delinearne i tratti identificativi del volto. Tutti i dati raccolti potrebbero convergere in un archivio centrale gestito dalle autorità.
La motivazione principale per cui le autorità premono per l’introduzione del sistema di identificazione nazionale è quella di scongiurare falsificazioni di documenti e furti di identità: “il vantaggio di sistemi di identificazione basati su dati biometrici per identificare un individuo – si spiega in una nota che accompagna la proposta di legge – risiedono nel fatto che l’informazione biometrica è costantemente sulla persona”.
Ma non è tutto: il database che conterrà informazioni biometriche capaci di identificare ciascuno dei cittadini israeliani sarà uno strumento che consentirà di interagire in maniera più agile con le strutture della pubblica amministrazione, permettendo a ciascun individuo di sbrigare pratiche online favorendo impronte digitali invece di passare attraverso il riconoscimento presso sportelli affollati e impiegati umani.
Non ultimo, ad avvantaggiarsi della mole di informazioni archiviate nel database potrebbero essere le forze dell’ordine , estremamente agevolate nell’individuare colpevoli che abbiano lasciato tracce negli ambienti in cui si sono svolte le malefatte. Alle forze di polizia basterebbe l’autorizzazione di un magistrato per confrontare gli indizi con i record immagazzinati nel database e dirimere i casi.
Le autorità israeliane illustrano il progetto come uno strumento al servizio dei cittadini: potrebbe assicurare i colpevoli alla giustizia e scagionare gli innocenti, potrebbe sveltire garbugli burocratici, potrebbe azzerare il mercato fiorente dei documenti contraffatti. Poco importa che, sottolineano i difensori dei diritti civili, database centralizzati e straripanti di informazione personali siano facile bersaglio di malintenzionati, poco importa che fornire impronte digitali che ricalcano perfettamente quelle di un concittadino sia un’ operazione possibile , poco importa che i cittadini debbano sottostare ad un sistema che potrebbe sfociare in abusi e violazioni. Coloro che, fra gli israeliani, non dovessero lasciarsi convincere dalle promesse delle autorità, dovranno rassegnarsi a cedere alla consegna dei propri dati biometrici, pena un anno di carcere .
Gaia Bottà