Un’asta che avrebbe già superato i limiti della razionalità. Operatori che avrebbero puntato ad un rialzo eccessivo, con il serio rischio di non rientrare dei propri investimenti. È la previsione di alcuni analisti asiatici operanti a Londra, che hanno sottolineato come l’asta per le licenze 3G sia ormai fuori controllo in terra indiana .
Ufficialmente aperta lo scorso 9 aprile, l’asta aveva concretizzato le precedenti dichiarazioni del governo di Nuova Delhi, che aveva per la prima volta annunciato una strategia per la vendita delle frequenze. Un totale di 93 licenze , affinché i vari operatori potessero rifornire quasi 600 milioni di utenti mobile di trasmissioni a velocità di terza generazione.
Ma i costi sono lievitati in maniera più che significativa , a partire dai 780 milioni di dollari fissati come prezzo d’apertura dell’asta. Stando alle recenti dichiarazioni di un portavoce del dipartimento indiano per le telecomunicazioni, l’azienda che si aggiudicherà una licenza per ognuna delle 22 zone predisposte arriverebbe attualmente a pagare una somma molto vicina ai 140 miliardi di rupie, ovvero più di 3 miliardi di dollari .
Una spesa dunque eccessiva, che potrebbe non venire digerita facilmente dagli operatori coinvolti nell’asta, tra cui Vodafone, Bharti Airtel e la giapponese NTT DoCoMo. Perché – sempre secondo gli analisti – l’utilizzo globale di Internet in terra indiana potrebbe non essere sufficiente a coprire i costi, dal momento che si parla di un mercato in cui una bolletta mensile media si aggira intorno ai 5 dollari per utente .
La stessa Bharti Airtel avrebbe inoltre fatto presente come soltanto il 5 per cento dei suoi abbonati sia proprietario di uno smartphone . I titoli azionari della più grande compagnia telefonica indiana – in termini di abbonati – sono recentemente scesi del 3,3 per cento. Colpa di una sorta di paura da licenza 3G: a questo punto, paura di aggiudicarsi un’asta potenzialmente letale per il proprio bilancio.
Mauro Vecchio