L’India ha mostrato ufficialmente Aakash (nome che in Hindi significa “cielo”), un tablet a basso costo per studenti che promette di incoraggiare la diffusione di Internet e di promuovere l’istruzione nel Paese.
Superati i problemi che rischiavano di non farlo mai diventare realtà, il device promesso dal governo indiano si propone all’incredibile prezzo di 26 euro (1.750 rupie) per gli studenti e di 45 euro (3.000 rupie) nei negozi. Della prima infornata, 10mila unità verranno distribuiti gratuitamente agli studenti.
Si tratta del tablet meno costoso al mondo e rappresenta il punto cardine della strategia delle autorità indiane di impiegare Internet come mezzo per diffondere l’educazione nel Paese nonché, come dice il Ministro della comunicazione e informazione tecnologica Kapil Sibal, “sconfiggere il digital divide”.
Secondo le ultime stime, infatti, appena l’8 per cento della popolazione totale di 1,2 miliardi dispone di una connessione Internet .
Prodotto dalla canadese DataWind, il tablet ha in realtà un pedigree internazionale: il 35 per cento dei componenti viene dalla Corea del Sud, il 25 dalla Cina, il 16 è a stelle e strisce, solo il sedici è indiano e il rimanente è stato fornito dal resto del mondo.
A livello tecnico si tratta di un dispositivo con schermo LCD da 7 pollici con touch screen resistivo (anche se l’uso non sembra risultare affatto fluido), 256 MB di RAM, connessione WiFi ( nella versione venduta nei negozi, anche GPRS), sistema operativo Android, due porte USB, supporto per le conference call, una batteria che promette una durata di tre ore e una piattaforma per la distribuzione di appunti e libri elettronici. Dovrebbe montare un processore da 366 MHz prodotto dalla statunitense Conexant Systems che rappresenta una componente commisurata alla necessità di abbattere i costi di produzione, ma che renderebbe il dispositivo abbastanza lento (secondo i primi commenti ).
In definitiva, non stupisce che si tratti di un prodotto con molte ombre che rischiano di comprometterne l’usabilità. Ma si è evidentemente fatto il massimo per produrre un dispositivo accessibile per le fasce della popolazione che dispongono di meno risorse economiche.
Il ministro Sibal, tra l’altro, non si accontenta del risultato raggiunto e ha fatto nuovamente appello agli imprenditori privati per arrivare a costruire un dispositivo che possa costare meno di 10 dollari , magari arrivando a coinvolgere l’azienda statale di telecomunicazione ITI: aumentando la percentuale di componenti prodotti localmente, d’altronde, il prezzo potrebbe essere ulteriormente abbattuto.
Claudio Tamburrino