India, liberata la Grande M

India, liberata la Grande M

La divisione locale di Microsoft non ha mai gestito piattaforme per la condivisione dei contenuti. Non ci sarebbero prove a dimostrare una responsabilità nella proliferazione online di materiale osceno. Restano accusate Google e Facebook
La divisione locale di Microsoft non ha mai gestito piattaforme per la condivisione dei contenuti. Non ci sarebbero prove a dimostrare una responsabilità nella proliferazione online di materiale osceno. Restano accusate Google e Facebook

Nessuna prova contro Microsoft, scagionata dall’Alta Corte di Nuova Delhi per la proliferazione online di materiale osceno e contrario ai principi religiosi . Il colosso di Redmond non dovrà presentarsi davanti ai giudici indiani, liberato dalle accuse lanciate dal giornalista locale Vinay Rai.

Era stato l’attuale ministro delle Comunicazioni Kabil Sipal a scatenare la battaglia contro un gruppo di 21 aziende operative sul web – fra cui Google, Facebook, Yahoo! e appunto Microsoft – accusate di aver permesso la diffusione online di contenuti offensivi nei confronti dei principali credo religiosi.

Ma le indagini condotte da Vinay Rai non avrebbero portato a prove sufficienti per incastrare la divisione indiana di BigM, le cui attività si concentrano esclusivamente sulla vendita di software e soluzioni legate al cloud computing , non su piattaforme per la condivisione di contenuti caricati dagli utenti.

Il fardello legale resterà dunque sulle spalle di Google e Facebook, più precisamente specializzate nella distribuzione su Internet di video e immagini. Lo stesso ministro Sipal aveva negato qualsiasi tentativo di censurare la Rete. Per gli executive delle due società resta la possibilità di finire in carcere in caso di condanna .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
22 mar 2012
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