La direttiva appena introdotta in India che impone ai gestori delle VPN di raccogliere e conservare i dati degli utenti per lungo tempo ha portato a sollevare un coro di proteste. Il dissenso si è manifestato in modo trasversale. A esplicitare la loro indignazione sono state le realtà del settore, le organizzazioni che si battono per la tutela della privacy e gli utenti stessi. Poco importa a Nuova Delhi, che tira dritto per la propria strada. Un’ennesima conferma è giunta oggi sotto forma di dichiarazione attribuita al ministro Ashwini Vaishnaw.
VPN in India: le parole del ministro
Le sue parole sono chiare, la volontà è ferma: si tratta di una misura ritenuta necessaria, soprattutto per garantire la sicurezza quando ci si connette a una rete pubblica. Neanche a dirlo, non tutti sono d’accordo con questa affermazione.
Il malcontento si è rilevato tanto diffuso da spingere il governo ad annunciare un’eccezione all’ultimo momento: tre mesi aggiuntivi concessi ai gestori delle Virtual Private Network per adeguarsi a quanto previsto. Una decisione arrivata però troppo tardi, la più proverbiale stalla chiusa quando i buoi sono già scappati. Tutti i principali e più noti servizi hanno infatti scelto di schierarsi dalla parte dell’utenza, arrivando a spegnere i server localizzati nel paese, così da non dover sottostare all’imposizione.
Tra i primi a farlo c’è ExpressVPN (oggi l’abbonamento annuale è in sconto del 35%), confermando il proprio impegno finalizzato alla tutela della privacy e dell’anonimato online.
Tornando al giro di vite imposto dall’India alle realtà del Web, secondo quanto riportato dalla testata ThePrint, l’intenzione è quella di attribuire ai social network la responsabilità dei contenuti pubblicati dai loro utenti. A sollevare la questione un ricorso presentato da Twitter. Di seguito le parole del ministro.
La responsabilità dei social media è al centro di una valida discussione globale. È importante ritenerli responsabili. Parte tutto da una auto-regolamentazione, per poi arrivare a quelle imposte dall’industria e infine dal governo.