Banditi a vita dalle principali piattaforme social, migliaia di sex offender – termine anglosassone per indicare quei responsabili di abusi a sfondo sessuale – tentano di rientrare in possesso dei propri account su Twitter o Facebook. Una corte d’appello di Chicago ha ora definito incostituzionale il testo di una legge approvata in Indiana nel 2008, che proibisce ai predatori sessuali l’utilizzo delle reti sociali .
Nella unanime visione di un panel di tre giudici federali, il raggio d’azione della legge in questione risulterebbe “troppo ampio”, nel momento in cui l’iscrizione di un soggetto al registro dei sex offender vincola tutti gli altri aspetti della vita umana in Rete. Rimasto anonimo, un cittadino dell’Indiana si era rivolto alla giustizia per la presunta violazione dei suoi diritti costituzionali, in particolare quelli relativi alla libertà d’espressione previsti nel Primo Emendamento.
Supportato dagli attivisti di Electronic Frontier Foundation (EFF) e American Civil Liberties Union (ACLU), l’uomo aveva denunciato numerose problematiche personali nelle fondamentali attività d’accesso ai social network. La legge del 2008 gli proibiva infatti operazioni come pubblicizzare il suo business o semplicemente connettersi con amici e familiari.
La corte d’appello di Chicago ha ora rovesciato una precedente decisione in primo grado, sottolineando come l’ampiezza della legge sui sex offender finisca per causare più danni che benefici . Un avvocato di EFF ha parlato di un testo legislativo “eccessivamente esteso”, che non riesce a proteggere i minori senza sconfinare e dunque violare altri diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini a stelle e strisce.
Mauro Vecchio