Washington (USA) – Gli artisti americani che aderiscono alla potente organizzazione Recording Academy non hanno dubbi: è assolutamente necessario che il Congresso statunitense vari al più presto la normativa nota come induce Act , una legge da molti considerata pericolosa e liberticida.
In una nota distribuita alla stampa, l’Academy ha fatto sapere di aver spedito più di 3.300 email ai senatori statunitensi, tutte firmate da musicisti e produttori di fama, nonché ingegneri e professionisti dell’industria di settore. Diane Blegman, legale dell’Academy, ha poi consegnato gli stessi messaggi anche a mano alla commissione Giustizia del Senato.
Ma perché questa mobilitazione? Tutta l’industria discografica è da tempo schierata a favore della normativa , pensata per mettere fuori legge non solo strumenti tecnologici considerati pericolosi come i software del peer-to-peer, ma anche per colpire direttamente chi li produce e chi realizza hardware o software che possa essere considerato un “incitamento” (da cui “Induce Act”) a compiere operazioni illecite e violare la proprietà intellettuale.
La formulazione della normativa è piuttosto vaga al punto da aver già indotto i big della tecnologia a schierarsi contro : a loro dire è in gioco non solo la legalità di player multimediali e di software utilizzati da decine di milioni di utenti ma il futuro stesso dell’industria hi-tech.
“Il dibattito su questa legislazione – ha affermato uno dei boss dell’Academy – è stato visto in gran parte come un dialogo tra le aziende dell’intrattenimento e quelle della tecnologia. L’Academy ha solo voluto assicurarsi che il Senato capisse che anche i singoli musicisti, fondamenta di entrambi quei settori industriali, sostengono questa legge per proteggere le proprie opere. Professionisti della musica in tutto il paese hanno risposto a migliaia al nostro appello”.
Neil Portnow, presidente dell’Academy, ha dichiarato proprio in quell’appello che “da qualche tempo l’unico strumento legale dell’industria per colpire il file sharing illegale è stato denunciare i singoli utenti. Questa legge fornisce un’alternativa: pone la responsabilità nelle mani delle aziende che lucrano incoraggiando l’uso illegale della vostra proprietà intellettuale”.
Musicisti e discografici che sostengono l’Induce Act sperano che il testo, fin qui arenato al Senato, possa presto essere discusso dal Congresso, forse già a partire da novembre.