L’ordine di sequestro preventivo è stato trasmesso ai principali provider italiani dal gip di Milano, per chiudere tutti gli accessi ad alcune sezioni locali del network d’informazione indipendente Indymedia . Le pagine online dedicate alle regioni Piemonte e Toscana sono all’improvviso sparite dal web tricolore, anche se la prima risulta attualmente accessibile dalle postazioni della redazione di Punto Informatico .
Stando ad un intervento firmato dall’avvocato Fulvio Sarzana sul sito de Il Fatto Quotidiano , la ragione dell’ordine d’inibizione risiede nella pubblicazione di quattro articoli ritenuti diffamatori da una non meglio specificata multinazionale . La stessa società aveva deciso per la querela contro i responsabili di Indymedia, appunto dopo la pubblicazione da parte di un utente anonimo.
Stando al contenuto dei pezzi pubblicati da Indymedia Toscana e Piemonte, i vertici della suddetta multinazionale avrebbero intrecciato discutibili relazioni con “soggetti di diretta o indiretta caratura mafiosa”, da cui il titolo mafioso è bello .
Nel testo dell’ordine di sequestro per diffamazione a mezzo stampa si apprende che “la querelante viene descritta, in estrema sintesi, come una società la cui politica aziendale è stabilmente caratterizzata dall’abituale ricorso a scorrette pratiche commerciali, spesso sconfinanti nei reati di corruzione, turbativa d’asta e illegale intercettazione di comunicazioni e conversazioni”.
Come ricordato dallo stesso Sarzana, quello contro Indymedia è il secondo ordine d’inibizione ordinato per diffamazione online. Il portale Vajont.info era stato reso inaccessibile per una metafora alpina sgradita all’On. Maurizio Paniz. Il gestore della piattaforma Tiziano Dal Farra era stato condannato al pagamento di una multa pari a 900 euro – più 10mila euro di danni – e costretto a rimuovere il post per poter tornare online.
Mauro Vecchio