Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha deciso (in una iniziativa che è al momento unica del suo genere in Italia) di promuovere un legal hackaton lanciato da “Legal Hackers Roma” per tentare di ridurre almeno del 50% il testo delle informative privacy che va letto ogni qualvolta si acceda ad un servizio e si offre il proprio consenso al termine di abnormi testi che riassumono i termini di partecipazione al servizio stesso.
Un legal hackaton per ridurre le informative privacy
Spiega Guido Scorza:
Per leggere la privacy policy di Zoom, il servizio di videoconferenza diventato arcinoto durante la pandemia, servono addirittura quarantacinque minuti perché le parole sono oltre diecimila. E se si prendono le informative sulla privacy delle prime dieci applicazioni più scaricate in Europa e le si incollano tutte su uno stesso documento, si sfonda la barriera delle ottantamila parole. A un tempo medio di lettura di 230 parole al minuto, servirebbero, più o meno sei ore di lettura. Con cinque ore e mezza, alla stessa velocità, tanto per fare un esempio, si legge il primo Harry Potter, settantasettemila parole.
Chiunque ha in dote le necessarie competenze giuridiche e design, insomma, potrà avventurarsi nel tentativo di creare un “Bignami” delle informative privacy, creando modelli che possano essere replicati e che (attraverso simboli o altre soluzioni grafiche) possano permettere di avere reale consapevolezza del contenuto evitando di accettare termini che in realtà nessuno legge.
La sfida andrà in scena, naturalmente online, tra il 10 e il 12 dicembre ma il termine per iscriversi scadrà alle 23:59:59 del 9 dicembre. Le istruzioni per partecipare sono sul sito dell’iniziativa. Solo così, solo rendendo le informative per la privacy accessibili per davvero agli utenti dei servizi online e offline basati sul trattamento dei dati personali, si può sperare di garantire consapevolezza reale agli interessati circa il contenuto delle informative e, per questa via, un po’ di libertà in più, almeno, nello scegliere se usare o meno un servizio o se prestare o meno un consenso.
Il risultato potrebbe essere forse solo un piccolo passo, ma comunque nella giusta direzione: quello della reale consapevolezza, l’unica vera arma di cui l’utente dispone per potersi tutelare dall’invadenza di talune piattaforme online.