Nelle ore in cui l’Italia si divide tra i favorevoli alla TAV ed i contrari all’opera, giorni nei quali tutti si dicono comunque convinti della necessità di investire nelle grandi infrastrutture, il Team per la Trasformazione Digitale porta avanti una proposta destinata a mettere tutti sullo stesso fronte. La proposta richiede infatti un investimento che è più che altro politico e programmatico, mentre con l’altra mano restituisce denaro sotto forma di risparmio diretto, costi di gestione ridotti, economie di scala, minor manutenzione ed ulteriori vantaggi indiretti.
La proposta è quella di ridurre l’enorme spreco di energia e risorse (con risparmi nell’ordine dei miliardi di euro) che l’incredibile frammentazione delle infrastrutture tecnologiche della Pubblica Amministrazione ha generato negli anni.
Spiega il Team:
Attualmente in Italia operano circa 11mila data center, strutture informatiche note anche come “Centri di elaborazione dati”, a servizio di oltre 22 mila Pubbliche Amministrazioni, centrali e locali. Questo vuol dire approssimativamente che per ogni due amministrazioni opera un data center, uno scenario in cui quasi ogni Comune gestisce in proprio i suoi server, magari in un edificio affittato appositamente, oppure (nel caso dei centri più piccoli) semplicemente in un sottoscala, allo sportello del cittadino o nel palazzo del Municipio.
Consumi, spazio occupato, costi di gestione e quant’altro potrebbero portare a diseconomie pari a circa 2 miliardi di euro all’anno sul totale di 5,8 miliardi spesi dalla PA in ICT. Se a questo si aggiungono tutti i problemi di sicurezza, di mancata ridondanza dei dati e altre problematiche simili, il risultato è che la situazione attuale è una polveriera destinata a deflagrare.
Il piano d’azione
Il Team per la Trasformazione Digitale guidato da Luca Attias porta avanti pertanto un piano programmatico in tre punti, una strategia che si fa manifesto per l’importanza dei risultati che intende raggiungere:
- Il cloud dei servizi non essenziali
“un maggiore utilizzo del cloud per la gestione dei servizi non essenziali e la condivisione delle infrastrutture che ne permettono il funzionamento. Significa passare da un modello in cui ogni Pubblica Amministrazione gestisce internamente tutti i servizi a uno in cui alcuni servizi possono essere gestiti in cloud, con l’apporto di fornitori privati o pubblici (possono essere altre Pubbliche Amministrazioni, società in house o società in libero mercato)”: questo libererebbe risorse e ridurrebbe costi in infrastrutture, identificando nel cosiddetto “Public cloud” la chiave dare maggior sicurezza a costi minori alla PA; - Polo strategico nazionale per le infrastrutture digitali
L’idea è quella di creare da una parte un piccolo numero di data center nazionali con criteri di massima sicurezza ed efficienza energetica (distribuiti sul territorio e realizzati in aree sicure), dall’altra la possibilità di dar vita ad una entità amministrativa che dovrà coordinare la gestione di tali data center. “Il ruolo del Polo strategico non è quello di gestire i servizi, ma solo di mettere a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni dei luoghi fisici, dotati della massima sicurezza ed efficienza energetica, dove collocare i propri server”: un passaggio che garantirebbe nel breve periodo maggior sicurezza e costi minori grazie semplicemente alle economie di scala ottenibili; - Processo di trasformazione dei servizi
Si propone di creare “centri di competenza” che aggreghino tecnici, esperti e manager IT di diverse PA al fine di definire e promuovere standard, processo e regolamenti. Tali centri rappresenterebbero un compendio per le PA sul territorio, mappando l’attuale stato delle cose per guidare verso una transizione pilotata ad un nuovo status di maggior efficacia.
La preoccupazione del Team per l’Innovazione Digitale sembra giustamente essere quella di dimostrare come, già nel breve periodo, questo tipo di lavoro potrebbe offrire grandi vantaggi grazie al semplice principio per cui le economie di scala siano possibili all’interno di procedure standard e protocolli nazionali. Ma dietro questa promessa c’è un potenziale ancor più grande: nel medio e lungo periodo, infatti, aver messo a fattor comune tutti i processi digitali delle differenti PA significherebbe poter operare finalmente su un corpo solo. A quel punto le economie di scala sarebbero decisive, le risorse liberate sarebbero di grandissimo impatto sui conti pubblici e l’efficienza sarebbe moltiplicata rispetto alle “macerie prime” di oggi.
Nella proposta del Team per l’Innovazione Digitale c’è una visione politica intrecciata ad un processo tecnico, poiché c’è la convinzione per cui la pianificazione di oggi sia la base dei successi di domani. Il progetto è sul piatto, tocca ora alla sala dei bottoni saperla cogliere e creare le condizioni affinché possa essere messa in pratica.
La domanda successiva è quella che il Paese deve fare guardandosi allo specchio: l’Italia vuole o non vuole un nuovo modello di Pubblica Amministrazione? Il bivio è di fronte ed il team di Luca Attias ha indicato la direzione.