Agli albori della Internet commerciale, nel lontano 1995, su una delle riviste di settore di allora (la versione americana di PC Magazine, di Byte o Doctor’s Dobbs Journal, ora non ricordo) ho letto un articolo fondamentale su un tema che oggi appare quasi dimenticato: i micropagamenti.
In quell’articolo, l’autore spiegava con notevole lucidità che il successo del commercio elettronico sarebbe dipeso (nel suo futuro e quindi nel nostro attuale passato ) dalla disponibilità di un sistema di pagamento che potesse vantare queste caratteristiche:
1) Disponibilità pervasiva.
2) Costi di transazione quasi nulli.
3) Sicurezza adeguata
4) Struttura tecnica adatta alle transazioni “immateriali” tipiche di Internet
Queste caratteristiche erano infatti necessarie per supportare la vendita di beni e servizi digitali (su Internet e su altri media) di basso costo unitario, come i brani musicali , gli articoli di giornale e cose simili. Tutti beni e servizi che, tipicamente, costano meno di 1 US$ (un dollaro) al pezzo.
Sono passati circa 13 anni e tutto quello di cui disponiamo è PayPal. Salvo casi particolari, il nostro onnipresente telefono cellulare non può essere usato per effettuare pagamenti di piccola dimensione (meno di un euro). Anche quando questo avviene, come nel caso del pagamento con SMS, in molti casi l’operatore si tiene il 50 o il 60% del valore trattato (0,55 Euro su 1 euro di valore trattato, per essere precisi). Le cose non vanno meglio se si usa una carta di credito, visto che per valori di questa dimensione il costo della transazione è equiparabile al valore trattato. Cosa ancora più grave, gli unici operatori in gradi di fornire, in qualche modo questo servizio, sono i soliti oligarchi privati (i fornitori di accesso telefonico, le poste, etc.).
In buona sostanza, non esiste un modo di pagare un singolo brano musicale che sia ragionevolmente pratico e che non aggiunga ai 50 centesimi di valore del bene venduto altri 50 centesimi di costi bancari.
Come mai?
Cosa sono i micropagamenti
I micropagamenti, per definizione, sono pagamenti effettuati per l’acquisto di beni o servizi di valore inferiore ad 1US$ (un dollaro USA). Questa condizione ha delle conseguenze molto pesanti sulla tecnologia usata perché praticamente tutti i mezzi di pagamento attualmente conosciuti (esclusa la cartamoneta) sono “mediati” da banche ed hanno quindi un costo unitario compreso tra 10 centesimi e qualche euro.
Ovviamente, qualunque mezzo di pagamento che imponga di aggiungere anche solo 10 centesimi ad una transazione che ne vale 5, è semplicemente fuori mercato.
I sistemi di micropagamento sono sistemi studiati apposta per operare sotto queste condizioni. In particolare, sono progettati per non costringere l’operatore (le banche) ad imporre un costo di transazione talmente alto da risultare incompatibile con il valore di base della transazione.
Perché i micropagamenti sono importanti
Già adesso, una parte importante del commercio digitale mondiale è rappresentato da beni e servizi che hanno valori unitari molto bassi, compresi tra qualche euro (i libri in formato digitale) e qualche centesimo di euro (i brani musicali).
Questa però è solo la punta dell’iceberg. La parte veramente interessante di questo mercato non ha ancora potuto prendere forma proprio perché non esiste un mezzo di pagamento adeguato.
Per esempio, molte riviste digitali potrebbero trovare il proprio mezzo di sostentamento nella vendita di singoli articoli se esistesse un modo di addebitare 10 o 50 centesimi di euro al lettore senza regalarne 50 o 70 alla banca.
A trarre giovamento da sistemi di pagamento come questi sarebbero proprio le realtà più fragili e spesso più importanti per la diversità culturale e per la democrazia. Si pensi ad esempio a certe storiche testate, ormai di nicchia, come “Il manifesto”. Oppure si pensi a molti giovani autori musicali che producono da soli i propri brani MP3.
eBay ed il libero mercato 2.0
Dal punto di vista del venditore, i sistemi di micropagamento sono importanti soprattutto perchè lo svincolano dai grandi circuiti. L’autore musicale che vuole pubblicare i propri brani, al giorno d’oggi deve passare sotto le forche caudine della casa editrice, come Virgin Records o Sony, e poi del distributore, come Apple. Ovviamente, i vincoli a cui è soggetto sono molti e non sempre piacevoli.
Molte tecniche di micropagamento hanno in sé le potenzialità per dare origine ad un intero nuovo modello di libero mercato digitale. In questo modello, il commercio potrebbe avere questa forma:
1) Io, autore, scrivo un libro in formato PDF o registro un brano musicale in formato MP3.
2) Lo metto in vendita su Internet o attraverso uno o più diversi “store” raggiungibili dalle reti UMTS.
3) Il mio cliente, lo compra dove gli pare e lo paga con il sistema di micropagamento
Né io né il mio cliente siamo legati ad un particolare fornitore, come potrebbe essere Apple iTunes o Lulu.com. Il valore della mia vendita, diciamo 0.3 euro per il brano musicale, ed 1 euro per l’e-book, non viene gravato in maniera insostenibile dai costi di transazione, per cui posso davvero vendere un singolo brano musicale a 30 o 50 centesimi od un e-book ad uno o due euro.
Si può persino immaginare una specie di asta al ribasso à la eBay per questi prodotti:
1) Io, autore, metto in vendita il mio prodotto (un “esemplare” del mio prodotto, i “diritti di utilizzo” del mio prodotto, quello che vi pare) su eBay ad un prezzo X e do inizio ad un’asta al ribasso.
2) Il mio cliente imposta un prezzo di acquisto pari a X/Y.
3) Se il mio cliente ha fatto un’offerta più alta degli altri, si accaparra il prodotto.
In questi scenari, vinciamo tutti. Vince l’autore/venditore e vince il cliente (lettore o ascoltatore). Si tratta, infatti di un modello quasi puro di libero mercato in cui il meccanismo naturale della concorrenza spinge i prezzi al ribasso e stimola la creazione di nuovi prodotti. Adam Smith, John Maynard Keynes e persino Tremonti farebbero salti di gioia.
Chi perde, però, sono le grandi case editrici, i grandi distributori e le banche.
Come mai questa dimenticanza?
Ovviamente, è questa la ragione per cui i sistemi di micropagamento, quelli veri, sono caduti nel dimenticatoio. Semplicemente, hanno trovato l’opposizione di banche, case editrici e aziende distributrici. Le perdite economiche, per questi enti, sarebbero catastrofiche e potrebbero portarle facilmente al collasso in diversi casi.
L’attuale mercato dei contenuti (musica, film, testi, etc.) è infatti basato sul godimento di una posizione di privilegio da parte delle grandi case editrici e dei distributori, non sulla reale utilità di questi enti, ormai spesso obsoleti. Il mercato, come ben sappiamo, farebbe volentieri a meno di Sony Records, Virgin Records e molti altri operatori di questo genere, se non fosse che sono loro a detenere i diritti di distribuzione di molti prodotti. La loro sopravvivenza è quindi legata a qualcosa che possono impedire agli altri di fare (distribuire i “loro” prodotti), non a qualcosa di utile che fanno per gli altri (stampare e distribuire vinili e CD, come avveniva prima dell’avvento di Internet).
Modelli di micropagamento conosciuti
Nella mia libreria cartacea, conservo ancora un testo che ho acquistato da Gibert-Joseph, a Tolosa, nel Marzo del 2000:
La monnaie electronique
di Mostafa Hashem Sherif e Ahmed Serhrouchni
( Edizioni Eyrolles – ISBN 2-212-09082-X – Euro 40 a Marzo 2000)
Questo libro descrive non meno di una cinquantina di metodi adatti al pagamento ed al micropagamento di beni e servizi su Internet, incluse, appunto, una mezza dozzina di tipi di moneta elettronica anonima e non tracciabile (da cui il titolo). E stiamo parlando del Marzo del 2000, non dell’altro ieri.
Se fate una ricerca del termine micropayments con Google , otterrete qualcosa come 552.000 risultati. É facile immaginare che al momento esistano almeno alcune centinaia di implementazioni di decine di metodi di micropagamento in giro per Internet e per il mondo.
Tutti questi metodi di micropagamento sembrano rifarsi ad un modello comune.
1) Si usa un conto corrente bancario, un conto corrente “virtuale” od una carta di credito come punto di giunzione tra il sistema di micropagamento ed il mondo reale.
2) Tutte le micro-transazioni vengono poi affidate al sistema di micropagamento.
3) I costi e le complessità tecniche (fatturazione, accounting, etc.) vengono effettuate solo al raggiungimento di una certa cifra (la “ricarica”), in modo da diluirle in modo adeguato sulle singole transazioni.
4) Il sistema non è vincolato ad un solo circuito di spesa (ad un singolo store) ma può essere usato ovunque.
5) Il sistema ha dei costi per transazione prossimi a zero.
Nessuno di questi metodi sembra però essere davvero utilizzabile nella realtà quotidiana (e non certo per ragioni tecniche). Esistono nella teoria ma non li si vede nella pratica. Non in Italia almeno. Nella vita quotidiana si sono invece affermate altre tecniche di pagamento che spesso erano nate, in origine, per altri scopi:
1) La ricarica di telefoni cellulari altrui, attraverso la tecnica della “donazione”. Questa tecnica, però, ha solitamente una taglia di transazione (cioè una “taglia della ricarica”) minima di 5 o 10 euro e non è quindi adatta al mondo del micro-commercio che è al centro della nostra analisi.
2) L’uso di carte di credito ricaricabili (in alcuni casi anonime). Questa è forse la tecnica che si avvicina di più all’idea del “portafogli elettronico” ma spesso impone dei costi esorbitanti sugli operatori (commercianti) in rapporto al valore microscopico delle transazioni che vengono effettuate.
3) L’uso della carta di credito tradizionale, in modo diretto o attraverso un “mediatore” come PayPal. Questa tecnica risente di gravi preoccupazioni per la sicurezza del proprio conto corrente (spesso ingiustificate) e, come avviene per le carte ricaricabili, risente anche degli eccessivi costi della transazione, decisamente troppo alti in rapporto al valore delle transazioni che ci interessa discutere.
4) L’uso degli “account” digitali, come quelli usati da alcuni Internet store. In questo caso, l’utente acquista un certo ammontare di “crediti” dal fornitore usando la sua carta di credito od un mezzo analogo e poi li consuma nell’arco di un certo periodo di tempo. Questa tecnica, tuttavia, dà accesso ad un solo fornitore o, al massimo, ad un solo circuito di spesa e rende il cliente dipendente dalle decisioni del fornitore.
5) L’uso del pagamento via SMS o via “chiamata” telefonica. In questo caso, il costo che viene addebitato per ogni transazione è tale da rendere priva di senso l’intera operazione (circa 0,55 euro per transazione). Infatti, questa tecnica è usata praticamente solo dalle ONLUS (che non pagano questi costi) per le loro raccolte fondi.
In buona sostanza, nessuna delle tecniche attualmente in uso è in grado di supportare un vero “libero mercato” basato sulla vendita di beni e servizi di basso e bassissimo valore unitario. Ed infatti, questo mercato non esiste. Esistono degli store che sono sotto il controllo di singoli produttori ed altri circuiti “protetti” ma non esiste un libero mercato .
La moneta elettronica
Oltre a questi metodi, nel libro che ho citato sono descritti almeno una dozzina di altre tecnologie che vengono usate per creare una “moneta virtuale” del tutto analoga alla cartamoneta a cui siamo abituati. Questa “moneta virtuale” ha infatti queste caratteristiche:
1) Priva di costi di transazione (lo Stato non trattiene il “pizzo” sulle transazioni in cartamoneta, almeno non in questa forma).
2) Dotata di una “grana” (“pezzatura”) molto fine, che può arrivare al centesimo od al millesimo di euro.
3) Anonima (non c’è modo di sapere chi la sta spendendo)
4) Non tracciabile (non c’è modo di sapere chi ve l’ha data)
5) Non duplicabile (eh, si… c’hanno già pensato)
Queste caratteristiche renderebbero questa moneta virtuale uno strumento perfetto per il mercato dei beni e dei servizi “da banco” (con valori compresi tra 0,1 e 100 euro).
Il paradiso dei narcotrafficanti e dei pedofili
Ovviamente ci sono molte, legittime e pesanti critiche che riguardano la possibilità di istituire un sistema di pagamento basato su moneta elettronica anonima e non tracciabile. Visto quello che fanno i nostri criminali “fisici” con le banconote, è facile immaginare cosa succederebbe con la moneta virtuale.
Questo però è un falso problema: già adesso è possibile trasferire quantità arbitrarie di denaro attraverso le frontiere, da un conto all’altro, in modo sostanzialmente anonimo e non tracciabile. Basta usare un banale sistema di home banking fornito da una banca residente in qualche “paradiso fiscale”. La nostra Guardia di Finanza può raccontarvi innumerevoli storie che riguardano questa pratica, ormai molto diffusa.
Semmai, il vero problema consiste nel non estendere ancora di più le cattive abitudini che derivano già adesso dalla possibilità di ricaricare il telefono cellulare altrui. Abbiamo già visto cosa sono disposti a fare certi ragazzini (e soprattutto certe ragazzine) irresponsabili per una ricarica.
Conclusioni
Detto questo, resto in attesa di una risposta convincente a queste domande:
“Perché, nel 2008, non posso ancora acquistare un brano musicale, del valore di 50 centesimi, e pagarlo con un carta di credito o con il telefono cellulare, senza dover aggiungere altri 50 centesimi di costi di transazione, cosa che rende insensato l’acquisto e spinge alla pirateria?”
“Perché non posso acquistare, direttamente dall’autore/produttore, un brano musicale che mi interessa facendo uso di una banalissima asta (al ribasso, al rialzo, al limone, a quello che vi pare) su eBay? In altri termini: perché tutti noi, autori e consumatori, dobbiamo ancora fare i conti con Apple iTunes o con Amazon MP3?”
I precedenti approfondimenti di A.B. sono disponibili a questo indirizzo