Roma – Due anni fa lo scivolone , dal 28esimo al 45esimo posto, e ora il recupero di tre posizioni: l’Italia secondo l’indice globale del World Economic Forum (WEF), il Networked Readiness Index , si situa, per il 2005, al 42esimo posto tra i 115 paesi dove maggiore è la penetrazione delle tecnologie digitali .
Per quanto estremamente sintetico, il “valore” assegnato dall’autorevole organizzazione internazionale rappresenta la capacità di un paese di tirare fuori il meglio dalle nuove tecnologie. Vengono quindi presi in considerazioni elementi che comprendono la diffusione delle tecnologie ma anche le normative di settore, così come l’efficienza tecnologica della pubblica amministrazione piuttosto che lo stato delle infrastrutture digitali o, ancora, la capacità di imprese e singoli di abbracciare le tecnologie dell’informazione. Un ruolo importante nel determinare l’indice è poi la spesa in ricerca e sviluppo .
Aver saputo abbracciare questi elementi ha riportato in testa alla singolare classifica gli Stati Uniti , come afferma uno degli autori del rapporto WEF, Augusto Lopez-Claros, secondo cui “la grande filiera dell’innovazione scientifica e tecnologica è una importante fonte di energia per l’economia americana che, a fronte di squilibri macroeconomici di grande rilievo, rimane una destinazione preferenziale per i capitali stranieri”.
Ma, sebbene l’Italia si situi nella classifica sotto l’Ungheria o il Qatar, subito prima della Grecia o delle Mauritius, in realtà sono molti i grandi paesi europei che segnano il passo in un ambito così decisivo. Il Regno Unito si posiziona al 10mo posto, la Germania al 17esimo, la Francia al 22esimo e la Spagna al 31esimo. Tra questi, solo il Regno Unito ha guadagnato una posizione, tutti gli altri hanno invece perso qualcosa rispetto all’anno precedente.
Non sorprende, visti i brillanti risultati degli ultimi anni, che tra i primi della classifica WEF si situino invece i paesi dell’ Europa settentrionale : Danimarca, Islanda, Finlandia ma anche Svezia e Svizzera rientrano nelle prime dieci posizioni, affiancati da paesi asiatici come Taiwan e Singapore che da anni coltivano una forte politica di incentivazione tecnologica.
A premiare i paesi di vertice, secondo Irene Mia, tra gli autori del rapporto, sono predisposizioni di fondo che permeano la società e il governo, dalla capacità di assorbire processi dinamici trasformandoli in occasione di sviluppo alla trasparenza e al clima di fiducia e, su tutto questo, al forte impulso alla formazione scientifica e tecnica in tutti gli ambiti della scuola, dell’università, delle imprese e della pubblica amministrazione.
Ma sugli “esiti” del rapporto, come ogni anno, non sono mancate le polemiche.
Singolare infatti secondo alcuni osservatori il “posizionamento” dell’ India , un paese a forte crescita tecnologica, secondo esportatore mondiale di software, sceso di un punto in un anno, dal 39esimo al 40esimo posto. A far discutere ancora di più è la situazione della Cina, che nell’ultimo anno secondo il WEF ha perso 9 posizioni, situandosi oggi al 50esimo posto. Vista la dinamicità della Cina sul fronte tecnologico, l’aumento esponenziale della sua “popolazione Internet”, la moltiplicazione delle imprese a forte contenuto hi-tech nonché l’avvio di un numero crescente di iniziative di ricerca e di sviluppo, ad alcuni è sembrato paradossale il “piazzamento” del paese deciso dal WEF.
L’intera classifica, che vede nelle ultime posizioni e in discesa paesi africani e latinoamericani, è disponibile qui in pdf.